Salute: la mortalità per la tiroide è superiore nelle aree vicini ai centri nucleari.

 

 Articolo di Margherita De Bac pubblicato dal Corriere.it

Non è nel complesso allarmante il primo rapporto sullo stato di salute della popolazione che risiede nei Comuni con impianti nucleari. Il lavoro commissionato all’ Istituto Superiore di Sanità dal ministero della Salute è stato consegnato lo scorso febbraio alla Conferenza Stato Città ed è a disposizione delle amministrazioni locali che ne avevano fatto richiesta. Le conclusioni inducono ad un prudente ottimismo. C’è una sola zona d’ombra. La mortalità per tumore della tiroide, uno di quelli oggetto dell’indagine, risulta nell’insieme delle 9 aree analizzate superiore alle medie regionali. Il suggerimento dei tecnici è di non lasciar cadere la sorveglianza e di approfondire la situazione.
Le radiazioni
Secondo gli esperti del gruppo di lavoro dell’Istituto «sono stati osservati in diversi Comuni eccessi di mortalità per alcune patologie che possono essere legati alla esposizione a radiazioni ionizzanti. In compenso, si rilevano anche difetti di mortalità che è inferiore rispetto ai valori medi regionali». E ancora: «Gli eccessi di mortalità non possono essere direttamente attribuibili, se non in piccola parte, all’esposizione a dosi di radiazioni rilasciate dagli impianti in quanto queste dosi avrebbero potuto essere prodotte solo da un continuo e rilevante funzionamento anomalo». Infine si danno indicazioni per eventuali ulteriori analisi. Nel caso fossero realizzati nuovi impianti, incluso il deposito nazionale di rifiuti radioattivi, i tecnici raccomandano di programmare fin dall’inizio un adeguato sistema di monitoraggio dello stato di salute della popolazione.
Lo studio
Lo studio nasce su iniziativa dell’associazione dei Comuni sedi di impianti nucleari, incluse quattro centrali non più operative: Bosco Marengo (Alessandria), Caorso (Piacenza), Ispra (Varese), Latina, Rotondella (Matera), Saluggia (Vercelli), Sessa Aurunca (Caserta), Trino Vercellese e Roma Casaccia (zona fino a 3 chilometri dall’impianto Enea). Prima di questo non esistevano studi sul nucleare a livello nazionale. I dati si limitavano a alcuni singoli impianti. Nel documento viene riportata la rassegna degli altri studi epidemiologici effettuati in Italia e all’estero. Nel complesso quindi non sono stati rilevati eccessi di mortalità generalizzati per l’insieme dei 24 tumori associabili, in base alla letteratura scientifica, a radiazioni ionizzanti. L’unica anomalia significativa riguarda appunto la tiroide. E’ ancora prematuro però fare deduzioni. Se i livelli di esposizione alle radiazioni fossero quelli ufficiali, non ci dovrebbero essere casi di decessi attribuibili ai raggi. Se dovessero essere creati nuovi impianti o depositi di rifiuti radioattivi, insiste il gruppo di lavoro, andrebbe fatta una valutazione migliore dal punto di vista metodologico (sorveglianza sanitaria e ambientale, registro tumori, conoscenza dei livelli di esposizione dei singoli individui).
Le centrali
L’attività delle 4 centrali italiane (Trino Vercellese, Caorso, Borgo Sabotino nel Comune di Latina e del Garagliano, vicino Sessa Aurunca) è stata bloccata tra l’97 e il 90, dopo il primo referendum sul nucleare. Lo stop alla produzione di energia elettrica non equivale però alla fine della possibile emissione di radioattività perché esistono barre di combustibile non spente.

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