Guidi: trasporto scorie in Francia si completera' nel 2016 =


(askanews) - Roma, 31 mar 2014 - Il trasporto in Francia per il trattamento di 235 tonnellate di combustibile nucleare "non si completera' nel 2015, ma nel 2016". Ad affermarlo il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, che, durante un'audizione in commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, ha fatto il punto sulla gestione delle scorie radioattive e quindi anche sul riprocessamento all'estero del combustibile.
Il ritardo, ha ricordato, e' dovuto alla "pericolosa fase di stallo" dovuta allo stop impresso dalla Francia a Sogin "a causa sia della necessita' di estendere l'attuale licenza di esercizio del sito francese destinato a ricevere e trattare il combustibile Mox Garigliano giacente nel Deposito Avogadro, sia dell'assenza di concrete prospettive di rientro in Italia del materiale inviato, considerato il presunto ritardo delle autorita' italiane nella procedura di localizzazione del Deposito Nazionale". Nei "mesi scorsi", ha detto Guidi, c'e' stata una "ripresa dei rapporti. Un nuovo scambio di lettere tra ministri ridefinira' quindi la data di ultimazione dei trasporti", ha precisato Guidi.
"Inoltre - ha concluso - la ripresa dei suddetti trasporti e' connessa agli avanzamenti nell'iter relativo al Deposito Nazionale italiano, che la Francia segue con molta attenzione e su cui occorre andare avanti".

Nucleare: Guidi, informato ministero Economia ritardi Sogin

   (ANSA) - ROMA, 31 MAR - ''Ho ritenuto fosse necessario inviare una lettera'' ai vertici di Sogin, ''come ministero vigilante, sull'avanzamento del Piano, sugli investimenti e sugli eventuali scostamenti nell'andamento'' del Piano stesso. Così il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi - in audizione in commissione Ecomafie dove ci si è concentrati sul nucleare - a proposito del Piano quadriennale della Sogin, facendo presente di aver ''ritenuto corretto inviare i dati acquisiti da Sogin al ministero dell'Economia in quanto azionista''. Il ministro ricorda che ''in diverse audizioni'' parlamentari sono emersi ''ritardi e criticità'', che  - in base a quanto è stato riferito al ministero - potrebbero causare anche un aumento dei costi dell'elettricità; e questo, rileva Guidi, dopo ''aver lavorato tanto per ridurre le bollette, sarebbe un peccato''.  Lasciando la commissione, il ministro osserva che ''c'è un monitoraggio'' su un eventuale aumento della bolletta che potrebbe derivare dai ritardi del Piano di Sogin. Ma ancora non è possibile valutarne il 'peso'. (ANSA).



DEPOSITO NAZIONALE RIFUTI RADIOATTIVI. A CHE PUNTO SIAMO?”

Segue il comunicato stampa.
Roma, 30 marzo 2015 - In apertura il presidente dell’associazione “SI alle Fonti Rinnovabili, NO al Nucleare”,Vittorio Bardi, ha presentato laCommissione Scientifica sul Decommissioning, istituita con le più alte competenze in materia: dal suo presidente, prof. Giorgio Parisi, premio Planck della Fisica mondiale, al prof. Massimo Scalia, Fisico e storico leader ambientalista, già presidente della Commissione d’Inchiesta sui rifiuti, che per prima portò all’attenzione del Parlamento la questione della gestione delle scorie radioattive con un ampio documento presentato nel 1999.
“Bisogna ripartire dalle indicazioni di quel documento, ha affermato Bardi, perché dopo il disastro combinato dal governo Berlusconi col decreto ‘Scanzano’ (2003) la credibilità dello Stato in materia di sicurezza, trasparenza e condivisione delle decisioni è andata in frantumi”. “La ribellione dei centomila in Basilicata è stato un grande episodio di lotta civile, e vincente; e poi, un esempio concreto, nella varietà delle esperienze diverse messe in gioco, ditransdisciplinarietànella costruzione del sapere. E proprioa questo principio è ispirata la composizione della Commissione:non solo scienziati al massimo livello delle molte discipline coinvolte, ma i protagonisti delle battaglie sul territorio e delle associazioni ambientaliste”.
Giorgio Parisiha rilevato che nonostante gli ottimismi iniziali, nel passaggio dalla bomba atomica all'uso civile dell'energia nucleare, si devono ancora affrontare problemi non risolti di sicurezza. “Al di là di Three Miles Island, Cernobyl, Fukushima e delle migliaia di incidenti minori che costellano la quotidiana attività degli impianti per la produzione elettronucleare, il problema principale è chenon abbiamo ancora una strategia chiara sulcontrolloefficacedella radioattività e della contaminazione radioattiva, sia nella fase dell’esercizio dei reattori nucleari cheper la gestione delle scorie radioattive”, ha affermato il premio Planck. “Un deposito per i rifiuti di bassa e media attività impegna le prossimecentinaia d’anni; e per i rifiuti contempi di dimezzamento di decine di migliaia di annigli scenari travalicano di gran lunga la nostra ordinaria percezione”, ha ricordato Parisi.  “Anche se abbiamo alle spalleil fallimento del deposito di Yucca Mountain negli Usae igrandi progetti scientificiper trasformare i radionuclidi a vita media lunghissima in radionuclidi gestibili a corta vita mediastanno battendo il passo,spetta a tutti noi– scienziati, stakeholders e cittadini – il compito di trovare le soluzioni tecnicamente e scientificamente più affidabili ma anche socialmente sostenibili, nel contesto di scelte che, riguardando comunicazione, cultura, società e persone, vanno affronate nellademocraziae nellatrasparenza delle decisioni.”,ha concluso Parisi.
Per l’ingegnerRoberto Mezzanotte, già Direttore del Dipartimento Nucleare di ISPRA,la destinazione dellamaggior parte dei rifiuti75 mila metri cubi circa, abassa e media attività(seconda categoria) –in un impianto di smaltimento di tipo superficiale è una soluzione tecnicamente possibile e largamente condivisa. ISPRA non ha invece emanato una linea guida per i15 mila metri cubi di rifiutiad alta attività(terza categoria). Sul lorosmaltimento in un sitogeologico profondoesistonoriserve molto forti sul piano tecnico-scientifico. “E poi quella scelta, oltre a precludere, di fatto, soluzioni diverse che la ricerca potrebbe offrire, non torna coi tempi lunghi necessari per qualificare un sito geologico, mentre il rientro dei rifiuti di terza categoria, ‘condizionati’ in Francia e in Inghilterra, è atteso per i prossimi anni.” Si potrebbe invece considerare l’ipotesi diun “deposito di lungo termine (50-100 anni)per l’alta attività, dove i rifiuti possono essere custoditi incondizioni di sicurezza ottimali, dando tempo a scienza e tecnologia di offrire delle soluzioni o agli organi della UE diindividuare un sito ‘regionale’ comune.” In tutto l’iter che si è appena aperto la Commissione porrà la massima attenzione ai vari passaggi e, soprattutto, al rispetto della legislazione italiana “che pertutelare le popolazioni dalle radiazioniimpone a ogni progetto, e quindi anche aldeposito nazionale,il requisito molto stringente di unadose massima pari a quella internazionalmente indicata come trascurabile(10 microSievert/anno)”.
Sulla nuovaclassificazione dei rifiuti radioattiviprevista dal Dlgs n. 45, che il Ministero dell’Ambiente ha affidato a ISPRA,Paolo Bartolomei, parlando a nome dell’Osservatorio Chiusura Ciclo Nucleare, ha rilevato come sia improprio mettere mano alla classificazione mentre il governo è in ritardo su passaggi importanti quali lacostituzione dell’ISIN– la nuova autorità per la sicurezza nucleare – e ilprogramma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi. “Si rischia, inoltre, di ingenerare ulteriore confusione nel settore: l’attuale classificazione è infatti molto chiara dal punto di vista operativo, mentrel’introduzione di livelli dirifiuti intermedi, quali previsti dalla bozza di ISPRA, può autorizzarelogiche gestionali diverse e meno sicure”. Il DLgs n.45 contempla poi anche l’emanazione di un provvedimento del Ministero dello Sviluppo chefissi la soglia di attività al di sotto della quale un materiale non è più considerato radioattivo: “Per questo aspetto sono evidenti le competenze del Ministero della Salute, intimamente legato com’è alla valutazione deglieffetti di microdosi di radiazione protratte su tempi estremamente lunghi.La discussione scientifica non è ancora pervenuta a conclusioni univoche e condivise.” Bartolomei ha concluso osservando che intervenire su questi temi con deidecreti ministeriali, che sono per loro natura limitati e parziali,non sembra la scelta migliore; al contrariosi deve sviluppareun’ampia e trasparente discussione “come avviene abitualmente nei paesi europei ‘normali’ ”.
Massimo Scaliaha esordito: “Gli impianti nucleari italiani sono stati messi in custodia passiva nel 1990, la questione del decommissioning è stata sollevata sia in sede tecnica che davanti al Parlamento alla fine degli anni ’90, ma nonostante le sollecitazioninon c’è stata nessuna risposta di tipo industriale.” Analogamente, a livello mondiale. Infatti il declino dell’industria nucleare, evidente già prima di Fukushima sotto l’incalzare delle energie rinnovabili – il loro contributo era divenuto superiore di oltre tre volte a quello del nucleare –, erano elementi tali per cui “l’industria nucleare tentasseuna parziale riconversionenel decommissioning. Non ve n’è traccia, mentre proprioquest’anno ben 91 centrali nucleari raggiungono i 40 anni di vitaed è difficile pensare auna proroga di altri 20 anni d’esercizio.Ci sarebbe spazio anche per l’industria italiana!”. In questo contesto la SOGIN, nata come costola dell’Enel e forte di molte centinaia di tecnici e di ingegneri, ha un palmares poco entusiasmante: redarguita dall’AEEG nel primo triennio di esercizio 2002-2004 e giudicata“inadeguata” alla sua missiondalla Commissione nazionale sulla sicurezza nucleare (2007), ha presentato nel 2011un piano industrialeconun vistosospostamento in avanti dei tempi previsti per le varie fasi del decommissioning. “Il sostanzialescontro di linee, nelle recenti audizioni al Senato,tra il Presidente e l’AD di SOGIN non giova certo al nuovo piano industriale e alla Società nel suo complesso. Per questoci impegneremo perché laqualificazione tecnica del sitoper il deposito, a carico di SOGIN,venga monitorata anche daesperti di fiducia delle popolazioni locali interessate”, ha concluso Scalia.  

I rifiuti nucleari: quanti sono e dove e come li vogliamo mettere in sicurezza?

La Commissione scientifica per il Decommissioning si riunirà il 30 marzo p.v. alle ore 09,15 presso la Sala del CRA, Via della Navicella 4.              
La riunione avrà carattere pubblico e potranno partecipare ai lavori tutti coloro che ne faranno richiesta alla presidenza, dopo le relazioni e gli interventi programmati. I temi in discussione sono: Inventario dei rifiuti radioattivi (per origine e per categorie). Criteri per la localizzazione del deposito nazionale: Guida tecnica 29. Iter per la localizzazione e realizzazione del deposito nazionale e la mappa delle aree idonee: a che punto siamo e fasi prossime (programma per la gestione dei rifiuti radioattivi). Deposito temporaneo di lungo termine e sito “regionale”. Nuova classificazione dei rifiuti. Piano Sogin e attività Ispra-Isin.
Su questi temi sono previste una relazione introduttiva del Presidente, Giorgio Parisi, e delle relazioni di Roberto Mezzanotte, Paolo Bartolomei e Massimo Scalia. E’ previsto inoltre anche l’intervento di ScanZiamo le Scorie.
La conclusione dei lavori è prevista per le 14,30. Per maggiori informazioni scarica il programma.
L'evento sara seguito dalle ore 10.10 da Basilicata Radio 2. Ascoltaci!

Sogin, i giornalisti e quella controproducente "formazione nucleare"

Scrito da Sergio Ferraris su Qual'Energia.

Il nucleare è una patata bollente. Sempre, anche quando si vorrebbe chiuderlo. E la cosa riguarda anche e specialmente il deposito italiano definitivo per i rifiuti nucleari di bassa e media attività che Sogin si ritroverà a gestire per i prossimi decenni. La riprova di ciò si è avuta ieri mattina Roma in un evento "ibrido" a cavallo tra la conferenza stampa la formazione permanente per i giornalisti, del resto regolarmente autorizzato dall'Ordine dei Giornalisti, messo in piedi da Sogin.
L'incontro aveva come titolo "Corso d'aggiornamento professionale Ordine dei Giornalisti. Verso il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi: problema o opportunità?" e ha rafforzato i nostri dubbi sull'informazione energetica in Italia, visto che si è trattata di una comunicazione (o formazione) su una specifica attività aziendale e non su un segmento dell'attività media e stampa, come per esempio, una più generale "informazione sull'energia nucleare".
E la differenza si è vista subito. L'incontro, infatti, è iniziato con la descrizione della campagna web di Sogin sull'argomento e il filmato utilizzato dall'azienda nella difficile opera di comunicazione del deposito. «Si tratta di una strana occasione perché di solito non si fa un'esposizione ai giornalisti, ma si viene incalzati dagli stessi», ha detto iniziando la sua presentazione Emanuele Fontani, Amministratore Delegato di Nucleco, società del Gruppo Sogin. Il quale ha proseguito in un'esposizione sulla normalità delle radiazioni, citando oggetti d'uso comune lievemente radioattivi, quali il rivelatore di fumo o il parafulmine che ionizza l'aria attraverso delle piccole sorgenti d'americio, ponendo l'accento su tutto ciò che è naturalmente radioattivo e affermando che la radioattività, al contrario di altre fonti d'inquinamento può essere, una volta accertata, confinata. Cosa rassicurante e vera, in linea di massima, ma che diventa opinabile nel caso di incidenti nucleari nelle centrali atomiche o nei centri di ricerca dove si manipolano materiali ad alta attività. Ossia quando la radioattività sfugge.
Discorso analogo sulla rassicurazione circa il decadimento della radioattività del Cesio 137, esponendo il quale è stato citato, l'unica volta durante l'intera mattinata, l'incidente di Chernobyl che lo ha distribuito in tutta Europa. La tesi di fondo è stata quella che, avendo il Cesio 137, un'emivita (ossia un periodo di dimezzamento dell'emissione radioattiva) di 30,17 anni, se confinato non è pericoloso sul lungo periodo. Si tratta di una tesi più che ragionevole che però ha un paio di difetti. Il primo è che non si può prendere una singola sostanza per determinare la pericolosità generale delle scorie radioattive, mentre la seconda è che induce in una sorta di rassicurazione sul fatto che il tempo metta in sicurezza di per se stesso le scorie nucleari. Così come appare rassicurante il fatto di evidenziare, con parecchia enfasi, che la radioattività sulla maggior parte dei componenti degli impianti si concentra su una superficie spessa pochi micron, oppure che la radioattività deriva anche da processi industriali e sanitari.
Si è taciuto invece delle difficoltà tecniche dello smantellamento del reattore gas-grafite di Borgo Sabotino, nel quale ci sono oltre 2.000 tonnellate di grafite ad alta radioattività che dovranno attendere, con ogni probabilità, la creazione del deposito geologico definitivo e non quello di cui si parla, mentre qualche tempo fa ciò è emerso da un documento ufficiale del Governo britannico, pubblicato su La Nuova Ecologia. Non si è ricordato nemmeno che le operazioni di smantellamento degli undici reattori gas-grafite inglesi saranno terminate nel 2115 - tra cento anni, avete letto bene - perchè le autorità britanniche attenderanno la diminuzione naturale della radioattività per mettere mano alla parte centrale del reattore. E a proposito dei depositi geologici per le scorie ad alta attività l'accenno è stato breve e solo all'esperienza francese, mentre nulla si è detto sul fallimentare sito di Yucca Mountain negli Usa, costato 7,7 miliardi di dollari, 20 anni di lavoro e abbandonato per inadeguatezza geologica o sul deposito finlandese di Onkalo che è "progettato" per resistere fino alla veneranda età di 100mila anni, quando le Piramidi d'Egitto ne hanno solo 4.500.
Successivamente è stata la volta di Roberto Moccaldi. presidente di AIRM (Associazione Italiana di Radioprotezione Medica) che ha parlato del concetto probabilistico del danno, ribadendo, cosa corretta, che non c'è danno automatico se non si supera un certo livello di radiazioni, sottolineando che al di sotto di una certa soglia epidemiologica non ci sono dati efficaci, sfiorando quindi il principio di precauzione in questo caso - che non è mai stato citato - ma mettendo immediatamente l'accento sul fatto che in alcuni casi, come quello degli screening mammografici, il rapporto benefici rischi delle radiazioni, impiegate per l'esame, è altamente positivo.
I dettagli del nuovo deposito sono arrivati da Fabio Chiaravalli, il direttore del deposito nucleare e parco tecnologico Sogin che ha iniziato dicendo: «nel deposito saranno allocati i rifiuti nucleari a bassa e media intensità attendendo che passino 300 anni, che non è tanto, si tratta di un tempo umano, storico. Dopo di che il luogo potrà essere rilasciato e non sarà più considerato un luogo radioattivo». Chiaravalli ha posto l'accento sul fatto che la situazione in Italia è molto più che precaria, visto che abbiamo le scorie nucleari divise in decine di siti spesso in condizioni precarie, ma nessun accenno è stato fatto agli incidenti della Casaccia del 2006, riguardanti il plutonio, che testimoniano il pessimo stato dei depositi provvisori e precari italiani.
«Sogin sta facendo un'intensa attività di comunicazione - ha ribadito Chiaravalli - con decine di eventi come questi e ne abbiamo in programma ancora molti». Il direttore ha continuato circa il fatto che anche se l'Italia è in ritardo rispetto agli obblighi europei - l'Unione Europea ci impone una decisione entro agosto 2015, pena una procedura d'infrazione - in realtà questo è un vantaggio perchè avremo un deposito più aggiornato sul fronte della radioprotezione. Sui dettagli tecnici del deposito si direbbe che tutto sia a posto. Gli ordini di sicurezza sono quattro e c'è un sistema in grado di raccogliere eventuali perdite di percolato radioattivo, anche se fino a oggi siano pochi, forse nessuno, ad avere sperimentato sistemi in grado di funzionare in maniera sistemica per 300 anni. E non è stato chiaro nemmeno l'accenno ai rifiuti ad alta intensità che dovrebbero essere stoccati in via provvisoria, all'interno di questo deposito in attesa di quello definitivo geologico.
Ma l'esposizione più interessante, sul fronte del tentativo di rendere accettabile il deposito, è stata quella di Sara Boarin, ricercatrice del Politecnico di Milano, dipartimento energia, che ha esposto l'impatto economico del deposito. «Il deposito non è una struttura economicamente passiva che riceve solo radioattivi e li stocca - ha detto la Boarin - ma crea valore sul territorio attraverso contratti con le aziende fornitrici, posti di lavoro, entrate fiscali e spill over tecnologico». Compreso l'indotto legato all'accoglienza, come in Francia dove c'è un indotto "turistico" formato dai visitatori dei depositi.
Sul piano dei costi il deposito dovrebbe costare 1,5 miliardi di euro, creare 1.500 posti di lavoro durante la realizzazione e 700 posti di lavoro una volta a regime. Ed è proprio questa ultima cifra a suscitare qualche perplessità visto che al deposito dell’Aube, nei pressi di Troyes, ci sono 230 addetti diretti e 512 totali contando l'indotto, mentre a El Cabril in Spagna quelli diretti sono 180. La differenza in termini di occupazione dovrebbe essere fatta dal Polo tecnologico che però, oltre alla denominazione, è un mistero.
Durante l'esposizione, infatti, sono stati citati Poli tecnologici che non hanno nulla a che fare con il nucleare ed è altamente improbabile che assieme al deposito si vogliano fare dei laboratori per la sperimentazione e la ricerca sulle scorie nucleari. Per tre motivi. Il primo è che si ridurrebbe drasticamente l'accettabilità sociale di tutta la struttura, il secondo è rappresentata dal fatto che non possediamo più l'intera filiera del trattamento del combustibile e delle scorie nucleari in Italia - infatti per il trattamento delle nostre scorie ad alta intensità ci siamo rivolti alla Francia - mentre il terzo è che sarebbe molto difficile trovare imprese locali, o start up che vogliano investire su tecnologie di trattamento delle scorie nucleari, vista la presenza di Sogin nel mercato nazionale, e quella di francesi, statunitensi e inglesi, su quelli esteri.
E poi il fatto che il "Polo tecnologico" possa attrarre imprese da altri settori è una chimera, visto che si tratterebbe di lavorare, con ogni probabilità, in un luogo isolato. L'indicazione, quindi, che le imprese e le start up, grazie al Parco Tecnologico potrebbero accedere al mercato da 80-100 miliardi di euro del decommissioning europeo è abbastanza opinabile nei fatti, mentre potrebbe essere vera per Sogin, visto che si sta "facendo le ossa" sullo smantellamento di quattro centrali nucleari tutte di tipologie diverse che sono arrivate in molte nazioni a fine vita.
Ultimo accenno alla compensazione che secondo i relatori non deve essere associata in nessun modo al concetto di rischio «perchè la struttura è vicina al rischio zero». Ed è stato citato il caso delle due cittadine svedesi che concorrendo entrambe per la localizzazione del deposito hanno deciso che la maggior parte delle compensazioni sarebbe andata a quella perdente, a causa dei maggiori "vantaggi" di quella vincente. Per la cronaca si tratta di due cittadine che sorgono nei pressi di centrali nucleari e il contesto socio-politico italiano non è assimilabile a quello svedese. «È possibile comunicare che una struttura di questo tipo ha un impatto positivo sul territorio», hanno concluso i relatori invitando i giornalisti a «una corretta comunicazione al pubblico italiano che deve essere fatto crescere».
Una corretta comunicazione che però non può essere fatta di omissioni, ridondanza di informazioni teoricamente "positive", quasi a sfiorare il marketing e di ipotesi facilmente smentibili con pochi colpi di mouse. Altrimenti il pericolo di una comunicazione di questo tipo è proprio quello che in teoria si vorrebbe evitare: il blocco del deposito nucleare. Che in Italia deve essere fatto.
(foto: lavori di decomissioning alla centrale di Caorso, cortesia Sogin)

Comunicato stampa - Scorie nucleari: Presidente Pittella non sonnecchi. Il pericolo è dietro l’angolo!

“Chi dorme non piglia pesci”, anzi nel caso della Regione Basilicata “piglia” un bel pacco di scorie radioattive. Sono mesi che sollecitiamo la nostra Regione ad attivarsi per far sentire la sua voce per scongiurare un attacco alle spalle come quello del 2003.

La situazione è delicata, troppi i dubbi e troppe oscurità nella questione dei rifiuti radioattivi e del relativo deposito a partire dalla classificazione dei rifiuti stessi. Pensavamo di avere le idee chiare e  le norme utili a capire ed invece no! Manca ancora un decreto per la classificazione dei rifiuti radioattivi come  richiesto dalla normativa internazionale in materia. Fino a quando non ci sarà la classificazione, come si potrà realizzare un deposito adatto?
Ma non solo, siamo ancora in attesa della nomina del direttore dell’Isin, l’Ispettorato con poteri autonomi, che dovrebbe monitorare i rifiuti, la gestione, il deposito e la Sogin. La prima nomina del dott. Commercialista Ministro dell’ambiente è stata una vera bufala: la nomina di Agostini, uomo senza alcuna competenza per ciò che interessa. Per fortuna questa nomina è stata scongiurata per il momento.
Inoltre esprimiamo forte preoccupazione per i ritardi della messa in sicurezza del centro Trisaia di Rotondella rispetto alla costruzione dei cask che dovrebbero contenere il combustibile americano ai fini del rientro in America. Non è più tollerabile il ritardo del cronoprogramma delle attività  di Sogin rispetto a quanto detto nel 2004 per la costruzione dei suddetti Cask. Pertanto, Sogin provveda celermente alla costruzione per mandar via prima possibile le ormai note barre di combustibile.
Questi argomenti sono stati oggetto di un incontro a Roma con i rappresentanti della nostra associazione  e il direttore di Greenpeace Italia Onufrio, in occasione di un incontro con il direttore di Greenpeace International Kumi Naidoo.
Invitiamo tutti e soprattutto la Regione Basilicata e le nostre istituzioni a tenere alta la guardia e ad attivarsi per non rimanere sempre all’oscuro delle decisioni più importanti per il nostro territorio.

Perché questa volta, ribadiamo, nessuno potrà dire “non sapevo nulla”.

Foto incontro a Roma di ScanZiamo le Scorie e Greenpeace. In ordine: il direttore di Greenpeace International Kumi Naidoo,  ScanZiamo le Scorie Pasquale Stigliani e il direttore di Greenpeace Italia Onufrio.



Deposito nazionale rifiuti radioattivi: consegnata dall'ISPRA la relazione su CNAPI

Comunicato Ispra.

Il 3 marzo 2015, l’ISPRA ha consegnato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e al Ministero dello Sviluppo Economico la relazione prevista dal D.Lgs n. 31/2010 sulla proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) alla localizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, trasmessa dalla SO.G.I.N. S.p.A. all’Istituto stesso lo scorso 2 gennaio. Ciò ai fini dei successivi adempimenti previsti dal medesimo D.Lgs per pervenire all’approvazione della Carta.
La relazione ISPRA, considerata la classificazione di riservatezza attribuita dalla SO.G.I.N. alla proposta di CNAPI, è stata analogamente classificata e sarà tale, conformemente alle vigenti disposizioni, sino alla pubblicazione della CNAPI da parte della SO.G.I.N

M5S, preoccupati da ritardo notizie su deposito scorie nucleari

Pubblicato da Ansa Ambiente &Energia

Problemi tecnici o attesa delle elezioni Regionali?

  "Il governo non si smentisce mai e ancora una volta risponde senza chiarezza sulla costruzione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Sono passati i 60 giorni previsti dalla legge, ma ancora nessuna notizia sul passaggio ai ministeri competenti dei documenti per validare le aree idonee ad ospitare il Deposito e il Parco Tecnologico. Chi stanno aspettando?". A dirlo è il senatore 5 Stelle Gianni Girotto, commentando la risposta giudicata insufficiente del sottosegretario del Ministero dell'Ambiente Barbara Degani, tenuta questa mattina nella Commissione ambiente del Senato.

"Come sarà costruito, con quali caratteristiche? L'opinione pubblica attende una risposta a queste domande. Ma soprattutto perché questo ulteriore ritardo, da che cosa dipende? Sono semplici domande alle quali il sottosegretario non ha ancora risposto. Proviamo dunque noi a suggerire quali potrebbero essere gli ostacoli - dice Girotto -. Due sono le risposte possibili: o ci sono impedimenti tecnici (difficoltà nell'individuazione delle aree, mancata nomina del direttore dell'Isin, complicazioni nella classificazione dei rifiuti radioattivi, problemi interni alla governance di Sogin), oppure qualcuno si è messo in attesa dei risultati delle urne delle prossime elezioni Regionali. Renzi sa bene che la partita è delicata e che la spazzatura atomica fa paura a tutti. Ma una soluzione non è più rinviabile, perché il costo dell'inerzia della politica lo stanno pagando i cittadini nella bolletta elettrica. E il rischio per la salute è alto".

Il senatore pentastellato ricorda, infatti, che gli oneri nucleari ricoprono una voce specifica della tariffa in bolletta, che ogni anno costa circa 300 milioni di euro, "soldi che gli utenti pagano per coprire l'inefficienza di una classe dirigente che rimanda la questione da anni". "Senza contare - conclude - che ad oggi l'ISPRA non ha ancora reso pubblici i parametri per la classificazione delle scorie nucleari, col risultato che non si sa quale tipo di deposito verrà costruito. Ovvero che tipo di spazzatura radioattiva verrà smaltita e come".

 

 

Fukushima: 4 anni dopo la catastrofe continua


Sono trascorsi 4 lunghi anni da quando abbiamo appreso dell'incidente nucleare di Fukushina. Per capire cosa sia accaduto vogliamo proporvi un servizio di Tg Sky e il comunicato di Grenpeace Italia.

Da entrambi i documenti il racconto ci mostra chiaramente quanto è pericoloso il nucleare. Ma non solo. A tutti quei profeti che vogliono convincerci che ormai abbiamo le tecnologie e la conoscenza per risolvere ogni problema sarebbe opportuno mandarli in Giappone per farli intervenire sul campo. Ricordiamo che il problema non è nazionale ma planetario come mostra l'immagine.

Altro problema è il controllo e l'informazione. Anche in un incidente come Fukushima sono state omesse numerose informazioni che potevano essere utili per la tutela della salute dell'umanità.

Probabilmente dei nuclearisti non ci si può fidare.

Nucleare, dopo 30 anni cambiano le regole. “A scriverle sono gli industriali”

Dal Fatto Quotidiano.it

Ispra ha messo a punto la bozza che raddoppia da tre a sei le tipologie di rifiuti secondo intensità e decadenza. Allarme dei fisici ambientalisti: "Si rischia di conferire le impurità nella categoria sbagliata". Polemica sul mancato coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità: "La bozza? Inviata solo agli operatori del settore"

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Nucleare, bonifica Sellafield sempre più cara

Pubblicato da Staffetta Quotidiana

Il conto della bonifica del sito nucleare di Sellafield, in Inghilterra, è aumentato di 53 miliardi di dollari rispetto alle previsioni, cioè di oltre il 10%. Questo secondo quanto riportato dal National Audit Office (Nao), l'ente preposto al controllo della spesa pubblica per conto del parlamento inglese. Il report, pubblicato lo scorso giovedì, ha registrato una serie di incrementi dei costi durante lo svolgimento dei lavori e ritardi rispetto alla tabella di marcia prefissata.
Il ministero per l'Energia e i Cambiamenti climatici ha consegnato il controllo di Sellafield, il più grande deposito di scorie nucleari in Europa orientale, al Nuclear Decommissioning Authority (Nda), l'organismo statale responsabile della bonifica nucleare del Regno Unito.
Commentando il rapporto del Nao, Margaret Hodge, capo della commissione per i Conti pubblici del parlamento, ha duramente criticato la gestione della Nda e i lavori svolti dal consorzio che si è aggiudicato il contratto di bonifica, il Nuclear Management Partners (Nmp). Nonostante le polemiche, il contratto della Nmp, stipulato per 17 anni al prezzo di 30 milioni di dollari all'anno, ha avuto una proroga di cinque anni nel 2013. Del consorzio fanno parte tra gli altri la compagnia energetica francese Areva e l'inglese Amec, oltre al gruppo ingegneristico URS.
In risposta al report dello scorso giovedì, la Nda ha detto che l'aumento dei costi previsti è principalmente dovuto all'attuale "consapevolezza della portata e della natura dei rischi e delle sfide che riguardano il sito".
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Nucleare: M5S, Sogin un affare a rischio appalti e salute dei cittadini

Pubblicato da www.parlamento5stelle.it

Roma 2 mar. Sulla sicurezza nucleare non si scherza, in particolare quando si mette a rischio la salute dei cittadini. Il Governo Renzi smetta di giocare e ci dica una volta per tutte qual è l'intenzione sulla gestione dei lasciti nucleari” lo sostengono i parlamentari m5s delle commissioni Ambiente e Industria di Camera e Senato.
Le indiscrezioni di stampa sull'ipotesi di un ennesimo commissariamento di Sogin ci riportano anni indietro, ad una gestione finita in mano a poche persone che hanno fatto della messa in sicurezza nucleare un vero affare a discapito della salute e delle tasche dei cittadini – si legge in una nota dei pentastellati -. In particolare, si potrebbe verificare un accentramento di potere nelle mani di chi potrebbe gestire gli affidamenti degli appalti in deroga alle normative ordinarie in un quadro regolatorio tra l'altro non ancora completato” precisano.
Il commissariamento di Sogin potrebbe compromettere anche la governance e il funzionale svolgimento dell'attività dei cronoprogrammi di smantellamento degli impianti che attualmente riportano già un eccessivo ritardo - proseguono i parlamentari -. A tali timori si aggiunga che deve essere ancora reso operativo l'Ispettorato per la sicurezza nucleare, il controllore di Sogin, che si è incartato con la nomina a direttore Agostini, un uomo di apparato che non ha i requisiti e le competenze richieste dalla legge”.
Il M5S attende numerose risposte alle interrogazioni presentate in parlamento per chiarire aspetti importanti che riguardano Sogin e la gestione dei rifiuti nucleari, sia sullo smantellamento dei centri che sulla procedura per la realizzazione del deposito nazionale" precisano i 5 stelle.
Se ci sono aspetti torbidi e ingiusti sulla gestione di Sogin riteniamo sia corretto farli emergere. Vanno individuate le responsabilità di chi ha abusato del proprio incarico rispetto alle regole e nel caso ci fossero elementi concreti di colpe è giusto che si intervenga con urgenza alla rimozione del responsabile con la sostituzione di nuove figure professionali di competenza - concludono i parlamentari -. Diversamente, il commissariamento appare inopportuno se non per mantenere una gestione ristretta dell'affare del secolo: quello della sicurezza nucleare”.

Sicurezza nucleare: "secoli di scorie" il servizio su TV7 - Rai 1


Dal servizio emergono molti aspetti reali sullo stato attuale dello smantellamento dei centri nucleari italiani. Circa il 95% delle scorie nucleari italiane è al nord, nei siti Piemontesi, ubicati in posti pericolosi. Molti altri sono i siti presenti in Italia. Dalle immagini è possibile vedere anche i lavori attuali nel centro della Trisaia di Rotondella (MT) che Sogin stà realizzando per la messa in sicurezza della "fossa irreversibile". Si tratta di un monoblocco di cemento precedentemente interrato che va sezionato e incapsulato in contenitori in accaio e custoditi nel deposito nazionale.

Occhi puntati anche sul deposito Cemerad nel comune di Statte a (TA)

Nel servizio è presente anche l'intervento di ScanZiamo le Scorie nel quale è stato ribadito che "fino a quando non sarà terminata la messa in sicurezza del centro Trisaia di Rotondella (MT) e il combustibile americano non verrà rimpatriato, come ScanZiamo le Scorie non siamo disponibili ad alcun dialogo che possa riguardare ipotesi di ubicazione di deposito nazionali di scorie ne a Scanzano ne in Basilicata."