I rifiuti nucleari: quanti sono e dove e come li vogliamo mettere in sicurezza?

La Commissione scientifica per il Decommissioning si riunirà il 30 marzo p.v. alle ore 10,15 presso la saletta del Chiostro della Facoltà d'Ingegneria, via Eudossiana 18, Roma. La riunione avrà carattere pubblico e potranno partecipare ai lavori tutti coloro che ne faranno richiesta alla presidenza, dopo le relazioni e gli interventi programmati.
I temi in discussione sono: 
Inventario dei rifiuti radioattivi (per origine e per categorie). Criteri per la localizzazione del deposito nazionale: Guida tecnica 29. Iter per la localizzazione e realizzazione del deposito nazionale e la mappa delle aree idonee: a che punto siamo e fasi prossime (programma per la gestione dei rifiuti radioattivi). Deposito temporaneo di lungo termine e sito “regionale”. Nuova classificazione dei rifiuti. Piano Sogin e attività Ispra-Isin.

Su questi temi sono previste una relazione introduttiva del Presidente, Giorgio Parisi, e delle relazioni di Roberto Mezzanotte, Paolo Bartolomei e Massimo Scalia. E’ previsto inoltre anche l’intervento di ScanZiamo le Scorie.

La conclusione dei lavori è prevista per le 14,30.


Nucleare: Bratti (Ecomafie), preoccupati per ritardi Sogin.

Pubblicato da  http://www.alessandrobratti.it

Commissione rifiuti segue con attenzione le attività di decommissioning e del Sito Nazionale
 “Siamo molto preoccupati per quello che sta avvenendo nel settore del nucleare, con particolare riferimento alla delicata fase del decommissioning e dell’individuazione del deposito nazionale per le scorie radioattive”. E’ quanto ha dichiarato l’onorevole Alessandro Bratti, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, dopo l’audizione del presidente della Sogin Giuseppe Zollino. “Nei giorni scorsi è uscita la notizia su un possibile commissariamento della Sogin – ha proseguito Bratti – senza che siano stati resi noti i motivi. A fine anno   la commissione industria del Senato ha inviato una lettera ai ministri Padoan e Guidi per denunciare gli ‘enormi ritardi, inattesi e gravi’ nell’attuazione del piano quadriennale della Sogin”.

Il presidente della commissione d’inchiesta sui rifiuti ha poi ricordato la fase di stallo nella nomina del direttore dell’Isin: “Il governo aveva indicato Antonio Agostini a capo dell’ispettorato nucleare – ha dichiarato Bratti – procedura che di fatto si è fermata dopo la diffusione della notizia di un’inchiesta della Procura di Roma sul suo conto. Da allora tutto tace e non è chiaro come intendano procedere i ministri competenti”. “Questo impasse istituzionale arriva in una fase estremamente delicata e strategica – ha proseguito Bratti – dove la Sogin e l’Isin hanno un ruolo molto importante nella procedura di individuazione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi. E’ preoccupante il quadro che oggi il presidente della Sogin Zollino ha descritto, confermando i ritardi nella fase di decommissioning”.

Messa in sicurezza nucelare: venerdì dopo la Carrà su Tv7 se ne parlerà!

In questi giorni le telecamere della Rai sono state al centro Trisaia di Rotondella (MT) per un servizio sulle scorie nucleari in Italia che ha coinvolto anche l'Associazione ScanZiamo le Scorie.
Il pezzo per Tv7 è programmato per venerdì 27 febbraio alle ore 23.05, dopo la Carrà su Rai 1.
Seguirà sabato un pezzo su Ambiente Italia nelle prossime settimane con un maggior approfondimento su Rotondella e  sulla Basilicata.

Città della Pace a Scanzano, martedì 24 la risposta in consiglio regionale

E' stata calendarizzata nell'attività del prossimo consiglio regionale di martedì 24 Febbraio la risposta all'interrogazione del Consigliere regionale Gianni Perrino del Gruppo M5S sulla città della pace di Terzo Cavone a Scanzano J.co presentata il 26 novembre 2014. Qui l'odg.

Seppellire le scorie nucleari sotto una montagna di euro

di Enzo Boschi*

Su Affari & Finanza di Repubblica del 9 febbraio scorso, Luca Iezzi scrive: "Il primo premio per il concorso meno ambito in Italia è di 1.5 miliardi di euro. Una manna per le casse di uno qualsiasi degli 8000 comuni italiani, tutti potenziali concorrenti. Anche se sulla presenza di solo uno o due candidati alla scadenza di giugno prossimo in pochi sentono di scommettere. In palio c'è la realizzazione del Deposito nazionale delle scorie nucleari, un obbligo nei confronti dell'Europa e nei confronti dei cittadini presenti e futuri".
Dodici anni fa ci fu il tentativo di creare il deposito a Scanzano Ionico. Fu una delle cose più ridicole della nostra storia recente. Fu tentato il cosiddetto blitzkrieg: il sito fu scelto senza informare nessuno. Come avvenne la scelta non si è mai saputo. Solo il Sindaco sembra che ne fosse informato ma non completamente.  Giustamente la popolazione si arrabbiò e molto.
L'immagine (dipinta in un giornale) di tutta la popolazione di Scanzano che inseguiva con i forconi i vertici della Sogin di allora è certamente un'esagerazione ma penso, comunque, che qualcuno stia ancora correndo guardandosi le spalle.
Apparentemente sembra che adesso sia stato fatto tutto per benino. La Sogin e l'Ispra si scambiano documenti e mappe, si danno scadenze, hanno già deciso che sarà un'infrastruttura di superficie dentro un bel Parco Tecnologico.
È prevista una notevole ricaduta occupazionale ... tanti soldi ... insomma il Bengodi!
Sembra addirittura che stia per cominciare o sia già cominciata una campagna informativa. A giugno si terrà un grande seminario nazionale dove tutto verrà spiegato ...
Insomma, tutto risolto per i 90-100.000 metri cubi di materiali radioattivi sparsi da nord a sud nel nostro Paese, poco incline storicamente ad affrontare i propri problemi ambientali. Molto più abile nel crearli.
Tutto risolto, dunque? Assolutamente no! A meno che ancora una volta non si tenti il blitzkrieg!
Fra i circa 100.000 metri cubi da sistemare, infatti, ve ne sono 15.000 di materiali radioattivi brutti, brutti! Sono i rifiuti terribili: il prodotto di scarto della fissione. Contengono elementi mortali come il plutonio. E "vivono" per millenni. Molti millenni!
Per queste scorie gli "esperti", se sono onesti e non posso pensare diversamente, dovranno ammettere che non esiste soluzione e che non si sono posti neanche il problema. Negli USA è da anni che se lo pongono e non mi risulta che abbiano trovato qualcosa di soddisfacente.

Stiamo parlando del combustibile spedito in Francia e in Inghilterra per essere trattato in modo da ridurne le emissioni. Il ritorno in Italia è previsto a partire dal 2018.
Dove verrà sistemato? Non è dato saperlo.
Viene da pensare che verrà "appoggiato" per un po' nel grande deposito previsto in superficie, ammesso che per il 2018 sia terminato. Per questo tipo di rifiuti si è anche pensato a una soluzione comune per tutti i Paesi europei. Ma tutte le ipotesi che si sono sentite finora sono fumose e poco praticabili.
Insomma, bisognerà fare un altro deposito con caratteristiche molto diverse da quelle richieste per i rifiuti meno cattivi.
Il buonsenso suggerirebbe allora di cominciare con questo secondo deposito, anche per evitare spostamenti inutili di materiali che possono provocare danni irreversibili.
Non risulta, però, che si sia cominciato a pensare a questo secondo problema, a meno che tutto non venga fatto di nascosto. Il che sarebbe veramente il colmo.
Desta molta preoccupazione in un cittadino attento come me che nessun Sismologo di valore sia stato coinvolto nell'operazione fin qui portata avanti nel Paese più sismico d'Europa, se non di tutto il Mediterraneo.
A dire il vero semplicemente nessun Sismologo, di vaglia o meno, ha partecipato alla preparazione dei documenti che Ispra e Sogin si sono scambiati non so in quale ordine e per quale ragione.
Strano modo di procedere, che si spiega solo se fin d'ora si fanno le cose in modo da non rendere facile l'individuazione di eventuali responsabilità.
Mi preoccupo ancora di più quando vengo a sapere che l'ineffabile Presidente di “valore medio” (così definito dal Ministro della Ricerca) dell'Ingv fa parte del consiglio scientifico della Sogin. Perché, che senso ha? Che consigli scientifici può dare in materie nucleari? Che senso ha, in ogni caso, che il vertice del più grande ente di ricerca geofisica europea sia nel consiglio scientifico di un altro ente probabilmente rispettabilissimo ma che non ha certo fra i suoi compiti la ricerca di base?
L'unica risposta razionale è pensare: per tenerselo buono!
Si spiega così l'assenza di Sismologi di vaglia in un'operazione che dovrebbe essere diretta fin dall'inizio da Sismologi, non certo di medio livello.
C'è anche da dire che, visto l'andazzo, i Sismologi di vaglia forse si rifiutano a questo punto di interessarsi a questioni che, in ultima analisi, non fanno parte delle loro mansioni.
Eppure all'Ispra dovrebbero aver capito che in certe operazioni tenere volutamente fuori dalle decisioni i Sismologi seri può portare a serie conseguenze o, anche in questo caso, ci si metterà a piagnucolare: "Sono solo un povero ingegnere idraulico!"
Anche a Scanzano Ionico i Sismologi furono tenuti fuori da decisioni e discussioni: d'altronde se si fa il blitzkrieg ... pochissimi devono essere informati.
Allora preconizzai che dopo Scanzano nessun Comune avrebbe accettato il Deposito, se non si fossero cambiate drasticamente le procedure.
Apparentemente le procedure son cambiate ma il risultato è sempre lo stesso. Si può dire che si è passati dal Blitzkrieg alla Sceneggiata, anzi, per usare una locuzione che in certi ambienti piace, alla "operazione mediatica", che deve per definizione escludere sempre i Sismologi, che sono sempre "imprevedibili" e che potrebbero affermare cose che poi sono difficili da far dimenticare.
L'anno scorso i Revisori dei Conti avevano evidenziato al Ministero della Ricerca gravissimi conflitti di interesse e incompatibilità dei vertici dell'Ingv.
Sembrava che stesse per verificarsi Armageddon. Poi non è successo niente: tutti rimasti al proprio posto. Se ne conclude che i Revisori, giocherelloni, hanno voluto fare uno scherzo di Halloween e sono stati perdonati!
Mi dicono anche che la Guardia di Finanza le scorse settimane ha passato giornate a scartabellare non so bene quali documenti dell'Ingv.
Staremo, comunque, a vedere.
Di sicuro si può dire che la Sismicità sarà uno degli argomenti critici per la scelta del sito, come ho già raccontato in un precedente articolo, e tutti i conflitti e le manchevolezze di questi anni verranno a galla per screditare scelte e decisioni. Le carte dovranno essere tutte in regola!
Così stando le cose, il deposito per i rifiuti paurosi sarà quasi impossibile da individuare, perché prendere in giro la gente è sempre più difficile.
Certo si potrebbero lasciare le scorie dove sono, pagando cifre altissime per  l’ "alloggio".
Sembra che circa un terzo del nostro debito pubblico sia riconducibile a quanto si spese per fare le centrali e quanto si sta spendendo per spegnerle e smontarle.
Quindi: perché preoccuparsi per qualche centinaio di milioni di euro in più o in meno?

*Geofisico

Nucleare: Piras (Sel), Carta aree idonee pubblica entro il 2/4

Pubblicato da AGI

 Dovrebbe essere resa pubblica entro il 2 aprile prossimo la Carta delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari.
  L'impegno e' contenuto in un ordine del giorno presentato alla Camera dal deputato sardo di Sel Michele Piras e accolto dal governo. Entro 90 giorni dalla consegna di Sogin a Ispra del progetto di proposta sulle aree candidate a ospitare il sito unico - prevede il dispositivo dell'odg - dovranno essere resi pubblici i risultati prodotti e, quindi i territori individuati. "Considerato che il progetto e' stato consegnato da Sogin il 2 gennaio scorso", spiega Piras, "si presume che nel rispetto della legge e dell'impegno oggi assunto dal governo, la Carta sara' resa pubblica entro il 2 aprile, per mettere cosi' fine a supposizioni e dubbi e dare possibilita' ai territori interessati di tutelarsi ed esprimersi in merito".

Ipotesi commissariamento della Sogin


Siamo a conoscenza da agenzie di stampa che il Governo Renzi starebbe ipotizzando il commissariamento di due società pubbliche attive nel campo dell'energia. In particolare, secondo quanto si apprende in ambienti parlamentari, si tratterebbe di Sogin, responsabile dello smantellamento del nucleare, e del gruppo Gse, che comprende il Gestore dei servizi energetici (Gse) responsabile degli incentivi da rinnovabili, l'Acquirente Unico (Au) responsabile della fornitura di elettricità ai clienti del mercato tutelato ed il (Gme) che gestisce la Borsa elettrica, del Gas e dei mercati ambientali. Al decreto starebbe lavorando il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (Dagl), la struttura di supporto al Presidente del Consiglio dei Ministri per il coordinamento dell'attività normativa del Governo e, secondo quanto riferiscono informalmente fonti vicine al dossier, anche se non ci sono conferme ufficiali, la ragione che sarebbe dietro il commissariamento della Sogin sarebbe legata a divergenze emerse alla guida della società. Sul Gruppo Gse, i cui vertici sono in scadenza di mandato, invece ci sarebbe la volontà di mettere mano al comparto dell'elettricità su cui gravitano notevoli interessi.

Per Hinkely Point tra Gran Bretagna e Austria è “guerra nucleare”

Pubblicato da www.qualenergia.it
  
La Gran Bretagna sembra disposta a tutto per avere una nuova centrale nucleare: non solo ad incentivarla ben più generosamente delle rinnovabili, ma anche ad intraprendere una guerra – seppure solo diplomatica – con un altro Stato membro UE come l'Austria. La notizia arriva da uno scambio epistolare tra Vienna e Londra, per il tramite dell'Ambasciata austriaca nella capitale inglese e rivelato dal Guardian, dal quale emergono pesanti minacce dal Governo britannico alla nazione centro-europea, affinché questa ritiri la sua azione legale contro il superincentivo all'atomo britannico.
La Gran Bretagna sembra veramente
Come abbiamo riportato di recente, l'Austria ha annunciato che farà ricorso contro la decisione della Commissione europea che a ottobre aveva dato l'OK alla 'stampella pubblica' di Londra per la nuova centrale da 3,3 GW di Hinkley Point, che nei programmi al 2023 dovrebbe fornire il 7% del fabbisogno elettrico del Paese.
La Commissione aveva ritenuto conforme alle nuove regole comunitarie sugli aiuti di Stato i sussidi decisi dal Governo britannico: una garanzia per 35 anni che l'energia prodotta dall'impianto sia pagata circa il doppio dell'attuale valore di mercato, e con la differenza coperta con i soldi dei consumatori. La nuova centrale, infatti, godrebbe per 35 anni di uno “strike price” di 92,5 sterline (117 euro) per ogni MWh generato che in valore nominale al 2058, anno in cui scadrà l'incentivazione, diverranno 279 £ per MWh.
Se portata avanti l'azione legale austriaca congelerà tutto per almeno due anni, più probabilmente per tre o quattro. Ma sembrano esserci discrete possibilità che il ricorso austriaco venga accolto e, dunque, l'incentivo annullato. Se ciò avvenisse sarebbe la pietra tombale per il nuovo nucleare britannico e probabilmente per ogni nuovo impianto nell'UE.
Chiaro come a Londra la questione stia a cuore, tanto da arrivare a minacciare Vienna di rappresaglie qualora proseguisse nell'azione legale. Se  ufficialmente il Department for Energy and Climate Change (DECC) afferma di non temere l'azione legale austriaca, perché “priva di fondamento legale”, a leggere le intimidazioni appena svelate, al contrario, la preoccupazione britannica deve essere particolarmente seria.
Stando a quanto riporta il Guardian, il messaggio trasmesso a Vienna da Vijay Rangarajan, responsabile per l'Europa dell'ufficio Affari stranieri del Governo britannico, è che se il Paese proseguirà con il ricorso “il Regno Unito coglierà in futuro ogni opportunità per ricorrere contro o danneggiare l'Austria in aree che hanno pesanti impatti sulla politica interna”.
Tra le ritorsioni annunciate: un ricorso alla Corte europea contro le regole austriache sulla certificazione dell'elettricità; pressioni affinché Vienna contribuisca in maniera maggiore agli sforzi economici dell'UE, oltre ad un'indagine per verificare se il ricorso austriaco contro l'incentivo atomico britannico non violi il trattato Euratom. “Altri passi ed escalation non possono essere esclusi dopo che il ricorso sarà presentato”, aggiunge il dispaccio, datato 29 gennaio.
Pronta la reazione dell'Austria che pubblicamente ha dichiarato che non terrà conto delle minacce britanniche: “Non ci faremo intimidire. Niente sussidi al nucleare”, twittava mercoledì il ministro dell'Ambiente Andrä Rupprechter.
Come spiega al Guardian, Stefan Pehringer, consulente di politica estera della Cancelleria austriaca, Vienna ha fatto ricorso contro l'aiuto britannico “perché non considera il nucleare una tecnologia sostenibile né in termini ambientali né economici”. Aggiunge il direttore del ministero dell'Ambiente austriaco, Andreas Molin: “Se si accetta l'argomento che Hinkely Point sia un 'fallimento di mercato' (come scritto nella decisione della Commissione sull'OK agli aiuti, ndr), la cosa si potrebbe applicare a tutte le altre tecnologie per la produzione elettrica, probabilmente anche alle altre forme di conversione dell'energia e forse anche al di fuori del settore energetico. Pensiamo che la cosa riguardi ogni singolo mercato”.
Se, come sembra intenzionata a fare, l'Austria proseguirà con il ricorso, la battaglia legale richiederà come minimo due anni solo per il primo grado di giudizio e, considerando anche gli appelli, gli avvocati stimano che ruberà tre o quattro anni, mentre le possibilità che il ricorso venga accolto sono concrete dato che è difficile dimostrare l'interesse comune dell'Unione nella costruzione di un reattore atomico nel Regno Unito. Se ciò accadesse sarebbe il colpo di grazie per i nuovi progetti atomici in Gran Bretagna e in tutta l'Europa in generale.
Di recente anche il viceministro dello Sviluppo economico italiano, Claudio De Vincenti, rispondendo ad un'interrogazione parlamentare è intervenuto sul tema degli aiuti britannici all'atomo, senza però sbilanciarsi : “In linea generale, è ragionevole che un investimento con tempi di realizzazione e ritorno così ampi (una centrale nucleare, così come potrebbero essere importanti infrastrutture di trasporto dell'energia) non possa essere realizzato al di fuori di uno schema di garanzie di tipo pubblico, vista l'aleatorietà dei prezzi dell'energia nel lungo termine", ha spiegato l'uomo del MiSE .
"Questo approccio, seguito oggi nel caso della centrale britannica, potrebbe essere applicato anche ad altri casi di investimenti non sostenibili in una pura ottica di mercato. Sul piano politico, invece, la decisione della Commissione UE si presta ad essere vista come una significativa modifica della strada assunta fino a qualche anno fa, in cui si escludeva la possibilità di aiuti di Stato sulla produzione di energia, se non alle energie rinnovabili in senso stretto. Da questo punto di vista, si rimarca come la posizione della Commissione sia di non interferenza con le scelte nazionali di mix energetico, da cui certamente il nucleare non è bandito e, come ad oggi, solo l'Austria abbia reagito politicamente in modo negativo.”

blicato da www.qualenergia.it

La Gran Bretagna sembra veramente disposta a tutto per avere una nuova centrale nucleare: non solo ad incentivarla ben più generosamente delle rinnovabili, ma anche ad intraprendere una guerra – seppure solo diplomatica – con un altro Stato membro UE come l'Austria. La notizia arriva da uno scambio epistolare tra Vienna e Londra, per il tramite dell'Ambasciata austriaca nella capitale inglese e rivelato dal Guardian, dal quale emergono pesanti minacce dal Governo britannico alla nazione centro-europea, affinché questa ritiri la sua azione legale contro il superincentivo all'atomo britannico.
Come abbiamo riportato di recente, l'Austria ha annunciato che farà ricorso contro la decisione della Commissione europea che a ottobre aveva dato l'OK alla 'stampella pubblica' di Londra per la nuova centrale da 3,3 GW di Hinkley Point, che nei programmi al 2023 dovrebbe fornire il 7% del fabbisogno elettrico del Paese.
La Commissione aveva ritenuto conforme alle nuove regole comunitarie sugli aiuti di Stato i sussidi decisi dal Governo britannico: una garanzia per 35 anni che l'energia prodotta dall'impianto sia pagata circa il doppio dell'attuale valore di mercato, e con la differenza coperta con i soldi dei consumatori. La nuova centrale, infatti, godrebbe per 35 anni di uno “strike price” di 92,5 sterline (117 euro) per ogni MWh generato che in valore nominale al 2058, anno in cui scadrà l'incentivazione, diverranno 279 £ per MWh.
Se portata avanti l'azione legale austriaca congelerà tutto per almeno due anni, più probabilmente per tre o quattro. Ma sembrano esserci discrete possibilità che il ricorso austriaco venga accolto e, dunque, l'incentivo annullato. Se ciò avvenisse sarebbe la pietra tombale per il nuovo nucleare britannico e probabilmente per ogni nuovo impianto nell'UE.
Chiaro come a Londra la questione stia a cuore, tanto da arrivare a minacciare Vienna di rappresaglie qualora proseguisse nell'azione legale. Se  ufficialmente il Department for Energy and Climate Change (DECC) afferma di non temere l'azione legale austriaca, perché “priva di fondamento legale”, a leggere le intimidazioni appena svelate, al contrario, la preoccupazione britannica deve essere particolarmente seria.
Stando a quanto riporta il Guardian, il messaggio trasmesso a Vienna da Vijay Rangarajan, responsabile per l'Europa dell'ufficio Affari stranieri del Governo britannico, è che se il Paese proseguirà con il ricorso “il Regno Unito coglierà in futuro ogni opportunità per ricorrere contro o danneggiare l'Austria in aree che hanno pesanti impatti sulla politica interna”.
Tra le ritorsioni annunciate: un ricorso alla Corte europea contro le regole austriache sulla certificazione dell'elettricità; pressioni affinché Vienna contribuisca in maniera maggiore agli sforzi economici dell'UE, oltre ad un'indagine per verificare se il ricorso austriaco contro l'incentivo atomico britannico non violi il trattato Euratom. “Altri passi ed escalation non possono essere esclusi dopo che il ricorso sarà presentato”, aggiunge il dispaccio, datato 29 gennaio.
Pronta la reazione dell'Austria che pubblicamente ha dichiarato che non terrà conto delle minacce britanniche: “Non ci faremo intimidire. Niente sussidi al nucleare”, twittava mercoledì il ministro dell'Ambiente Andrä Rupprechter.
Come spiega al Guardian, Stefan Pehringer, consulente di politica estera della Cancelleria austriaca, Vienna ha fatto ricorso contro l'aiuto britannico “perché non considera il nucleare una tecnologia sostenibile né in termini ambientali né economici”. Aggiunge il direttore del ministero dell'Ambiente austriaco, Andreas Molin: “Se si accetta l'argomento che Hinkely Point sia un 'fallimento di mercato' (come scritto nella decisione della Commissione sull'OK agli aiuti, ndr), la cosa si potrebbe applicare a tutte le altre tecnologie per la produzione elettrica, probabilmente anche alle altre forme di conversione dell'energia e forse anche al di fuori del settore energetico. Pensiamo che la cosa riguardi ogni singolo mercato”.
Se, come sembra intenzionata a fare, l'Austria proseguirà con il ricorso, la battaglia legale richiederà come minimo due anni solo per il primo grado di giudizio e, considerando anche gli appelli, gli avvocati stimano che ruberà tre o quattro anni, mentre le possibilità che il ricorso venga accolto sono concrete dato che è difficile dimostrare l'interesse comune dell'Unione nella costruzione di un reattore atomico nel Regno Unito. Se ciò accadesse sarebbe il colpo di grazie per i nuovi progetti atomici in Gran Bretagna e in tutta l'Europa in generale.
Di recente anche il viceministro dello Sviluppo economico italiano, Claudio De Vincenti, rispondendo ad un'interrogazione parlamentare è intervenuto sul tema degli aiuti britannici all'atomo, senza però sbilanciarsi : “In linea generale, è ragionevole che un investimento con tempi di realizzazione e ritorno così ampi (una centrale nucleare, così come potrebbero essere importanti infrastrutture di trasporto dell'energia) non possa essere realizzato al di fuori di uno schema di garanzie di tipo pubblico, vista l'aleatorietà dei prezzi dell'energia nel lungo termine", ha spiegato l'uomo del MiSE .
"Questo approccio, seguito oggi nel caso della centrale britannica, potrebbe essere applicato anche ad altri casi di investimenti non sostenibili in una pura ottica di mercato. Sul piano politico, invece, la decisione della Commissione UE si presta ad essere vista come una significativa modifica della strada assunta fino a qualche anno fa, in cui si escludeva la possibilità di aiuti di Stato sulla produzione di energia, se non alle energie rinnovabili in senso stretto. Da questo punto di vista, si rimarca come la posizione della Commissione sia di non interferenza con le scelte nazionali di mix energetico, da cui certamente il nucleare non è bandito e, come ad oggi, solo l'Austria abbia reagito politicamente in modo negativo.”

Maltauro commissariata per la gara Sogin da 98 milioni. Anac: «Turbativa d'asta»

Pubblicato dal Sole 24 Ore - Ediliziae Territorio

Accolta dal prefetto di Roma la richiesta dell'Anac di commissariare l'appalto aggiudicato per 98 milioni di euro al raggruppamento di imprese inclusa la Giuseppe Maltauro Costruzioni. Il decreto firmato dal prefetto Giuseppe Pecoraro porta la data del 22 gennaio.
Più in particolare, la gara riuguarda l'appalto integrato (progettazione esecutiva e realizzazione) dell'impianto di cementazione di soluzioni liquide radioattive (Cemex) presso il sito Eurex di Saluggia-Vercelli. L'appalto è stato aggiudicato (con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa) dalla Sogin nel dicembre 2012 al raggruppamento guidato dalla Saipem con la Malaturo e la società francese Areva.

Alla base della richiesta dell'Anac (fatta nel dicembre 2014), il reato di turbativa d'asta, come ricostruito in modo circostanziato dal Gip di Milano in base ai fatti che vengono elencati nella documentazione diffusa dall'Anac (si vedano i link alla fine dell'articolo).

Pesa anche il precedente dell'Expo, nel quale si riconosce una linea di continuità nel comportamento dell'impresa. «Nella graduazione della gravità dei fatti - si legge tra l'altro nella richiesta dell'Anac alla Prefettura - non può non tenersi conto della circostanza che, come sopra evidenziato, la società in questione è riuscita ad aggiudicarsi altri appalti (quello relativo alle c.d. "Architetture di Servizio" e quello relativo alle "Vie d'acqua sud", nell'ambito del complesso delle attività connesse ad EXPO 2015) sempre grazie ad una turbativa d'asta e ad una mediazione corruttiva. Un dato, questo, che inconfutabilmente dimostra come la società abbia una rilevante capacità di ottenere illecitamente commesse pubbliche, facendo ricorso all'appoggio di intermediari e pubblici ufficiali diversi, disponibili ad assecondarne gli obiettivi illeciti. Il carattere tendenzialmente seriale delle condotte, anche in una prospettiva di appalti futuri, impone di optare per la più grave misura amministrativa».

L'appalto Sogin, dice l'Anac, «è stato oggetto di turbativa da parte degli indagati e la relativa aggiudicazione è proprio il risultato della loro attività illecita». Sono stati rilevati incontri con i rappresentanti della Sogin: «contatti reiterati, che sono sfociati in doni, collusioni e condizionamenti in favore dei pubblici ufficiali sopra citati» ed è emerso che «i sodali turbavano le procedure di gara e i procedimenti amministrativi al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente presso la Sogin S.p.A., in favore della Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro, tra cui il procedimento relativo all'appalto aggiudicato dalla Sogin S.p.A. al raggruppamento temporaneo di imprese Saipem (mandatario) e Maltauro (mandante)». Prima ancora dell'aggiudicazione è stata pattuito un versamento di 600mila euro «da corrispondersi da parte di Maltauro Enrico, in favore di Frigerio, Cattozzo e Grillo (della Sogin, ndr)».

Nel decreto firmato da prefetto, vengono nominati due amministratori straordinari (Giovanni Grazzini e Mario De Salve) e viene stabilita la gestione straordinaria dell'appalto, «in ragione della valenza strategica, anche per i profili di sicurezza e ambientale, sottesa agli stessi per la definizione delle opere relative all'impianto Cemex, presso il sito Eurex di Saluggia, in virtù della gravità dei fatti oggetto di indagine e delle particolari esigenze di tutela della legalità».

Appalti Expo, il 9 aprile il processo
Intanto il 9 aprile prossimo - presso la X sezione penale del Tribunale di Milano - si aprirà il processo che riguarda gli appalti dell'Expo. Sarà un processo col rito immediato a carico dell'ex responsabile del Padiglione Italia Antonio Acerbo, del consulente della Maltauro spa, Giandomenico Maltauro, e del dirigente della Tagliabue spa, Andrea Castellotti nell'ambito di un'indagine con al centro presunte irregolarità sull'appalto per le vie d'acqua e la darsena. Nel procedimento Expo 2015 spa è persona offesa dal reato di turbativa d'asta contestato agli imputati, assieme alla corruzione. Stando agli atti dell'inchiesta, Acerbo, che era anche sub commissario di Expo ed è stato arrestato lo scorso ottobre, avrebbe consegnato a Giandomenico Maltauro e ad Andrea Castellotti gli «atti progettuali definitivi e riservati attinenti alla procedura di appalto "Vie d'Acqua sud - Canale e Collegamento Darsena-Expo/Fiera"» sette mesi prima che venisse indetta da Expo 2015 spa la gara per quei lavori.

La gara venne poi vinta nel luglio del 2013 da un'associazione temporanea di imprese, di cui facevano parte le due aziende. Gli inquirenti hanno scoperto attraverso analisi informatiche che circa 7 mesi prima della gara per l'appalto (indetta l'8 marzo del 2013), e cioé il 29 agosto del 2012 e prima ancora che la Conferenza dei servizi di Expo avesse materialmente a disposizione gli atti, Acerbo avrebbe passato a Maltauro e Castellotti una chiavetta usb con dentro dei file con i documenti su tutti i progetti preliminari (che servivano per la stesura del bando) sulle "vie d'acqua" e sulla Darsena. Anche il figlio di Acerbo, Livio, sarebbe stato a conoscenza di questi dettagli: per questo la Procura gli contesta oltre al reato di riciclaggio anche quello di concorso in corruzione.

La lettera dell'Anac al Prefetto di Roma
Il decreto del prefetto di Roma

Scorie nucleari, deposito cercasi

 Dal fatto Quotidiano.it, Mario Agostinelli

Con una nota del 2 gennaio 2015 siamo stati informati che la Sogin ha presentato ad Ispra la mappa dei siti adatti a ospitare i depositi per le scorie nucleari. Si tratta, in particolare, delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi) ad ospitare il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico per il trattamento e la messa in sicurezza. Entro aprile il governo dovrebbe dare il nulla osta affinché Sogin pubblichi la Cnapi. Si dovrebbe poi aprire una fase di consultazione pubblica, che dovrebbe culminare in un Seminario Nazionale, dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti e interessati.
Il Deposito Nazionale è un’infrastruttura di superficie dove mettere in totale sicurezza i rifiuti radioattivi, consentendo il decommissioning completo degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca. Il Deposito Nazionale sarebbe accompagnato da un Parco Tecnologico legato alla ricerca e alla gestione del materiale radioattivo.
Esattamente un mese dopo, il 2 febbraio, la Sogin ha lanciato sul web la campagna informativa “Scriviamo insieme un futuro più sicuro”, coinvolgendo – come da comunicato – “oltre 10 mila siti, nell’intento di approdare ad una scelta condivisa, finalizzata alla messa in totale sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi e, con essa, anche alla chiusura del ciclo del nucleare in Italia”. Sono in ballo circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività. Il processo di individuazione delle aree potenzialmente idonee per la realizzazione del deposito nazionale e del parco tecnologico sono disciplinate dal Decreto legge 31/10, un provvedimento che, seppur modificato, venne partorito nel pieno convincimento del governo filonucleare di allora di riprendere la produzione di energia nucleare in Italia, intento che verrà in seguito fermato dall’esito del referendum del 2011.
Sollevo da subito alcuni punti cui rivolgere l’attenzione, onde evitare che all’esito positivo del referendum antinucleare succeda lo stesso indecente trattamento che il governo ha riservato al referendum per l’acqua. Da un’attenta lettura delle procedure preliminari indicate per la realizzazione del deposito nazionale sono già riscontrabili alcune criticità. Mentre nella letteratura internazionale è consuetudine tenere separati i percorsi per la realizzazione di depositi per bassa e media attività da quelli di alta attività, qui si parla solo di rifiuti a bassa e media attività. Forse per attutire l’impatto nel coinvolgimento della popolazione, che quindi parte già carico di ambiguità.
Tra i criteri di esclusione per la definizione del sito, si cita quello di “aree contrassegnate da sismicità elevate”. Si introduce quindi una certa opinabilità in un territorio come quello italiano, a sperimentata prevalenza sismica.
Questi margini di aleatorietà, inquineranno il processo partecipativo assicurato sulla carta (si pensi solo alla vicenda dell’adozione della Strategia Energetica Nazionale – la fantomatica Sen – un profluvio di slides in assenza di una vera discussione pubblica!). Anche perché, in ogni caso, in assenza di manifestazioni di interesse o del raggiungimento di un’intesa per l’individuazione delle aree, il governo deciderà unilateralmente in quale sito dovrà essere realizzato il Dnpt. Tale aspetto è estremamente rilevante, in quanto supera e rimuove qualsiasi ostacolo che potrebbe essere sollevato nel merito della valutazione promossa dalla partecipazione e dal coinvolgimento diretto dei territori.
Inoltre la Sogin, già oggetto di scarsa fiducia e affidabilità da parte della popolazione, diventerebbe, oltre che il soggetto responsabile degli impianti a fine vita e del mantenimento in sicurezza degli stessi, anche la responsabile della realizzazione e dell’esercizio del Deposito nazionale e del Parco Tecnologico. Una responsabilità esercitata in assenza di una struttura di controllo indipendente della gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.
Come la mettiamo con la consultazione reale, oltre che con quella virtuale senza verifica alcuna? In ogni caso, nell’attesa di pervenire a decisioni davvero condivise in una democrazia sempre più mutilata, si sospenda da subito la realizzazione di nuovi depositi nucleari temporanei nei vari siti attuali (Trino e Saluggia in particolare), che sono totalmente non idonei ad ospitarli.

Sintesi primo incontro a Roma della Commissione scientifica sul decommissioning

ScanZiamo le Scorie è componente della Commissione scientifica.
Di seguito la sintesi del primo incontro tenuto a Roma il 5 novembre 2014.

 Sintesi
Primo incontro della Commissione scientifica sul Decommissioning, promossa dall’associazione “SI alle fonti rinnovabili, NO al nucleare”, nella sala Fredda della sede regionale della CGIL di via Buonarroti 12 a Roma.
5 novembre 2014

La riunione, iniziata alle 10,30 è stata introdotta da Massimo Scalia che ha illustrato le ragioni e i fini della costituzione della Commissione e ha sinteticamente focalizzato i punti all’ordine del giorno dell’incontro.
Si sono poi tenute due relazioni introduttive, quali erano state richieste a Paolo Bartolomei e Roberto Mezzanotte.

Paolo Bartolomei, dopo una breve esposizione su come siano stati gestiti gli esiti del nucleare negli ultimi 15 anni, ha passato in rassegna lo stato della situazione legislativa attuale e i punti critici. La legge attualmente in vigore, che regola il percorso per la realizzazione del deposito nazionale, è il D.lgs n. 31 del 2010. Il contesto nel quale è stato emanato è quello del tentativo del governo Berlusconi di rilanciare il nucleare; pertanto il deposito doveva essere un’infrastruttura organica a quel disegno, in grado di ospitare le scorie di un parco nucleare di almeno 4 impianti. La normativa prevedeva la realizzazione, nello stesso sito del deposito, di un parco tecnologico che sviluppasse attività di ricerca sul ciclo del nucleare. L’iter procedurale, mutuato dalla normativa francese per il siting nucleare, era a tappe forzate e riservava uno spazio estremamente limitato per informazione alla popolazione e condivisione delle decisioni, praticamente nullo per ottenere modifiche delle decisioni prese centralmente.
Non a caso il D.legs 31/2010 non conteneva alcun riferimento alla procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica), nonostante la direttiva relativa a questa procedura fosse stata recepita nella legislazione italiana nel 2006.
Nell’esporre una serie di punti critici Bartolomei ha rilevato come non si sia sviluppata a fondo l’analisi di che cosa comporti la convivenza di rifiuti di alta attività nello stesso sito dove sono conservati quelli di bassa e media attività.

Roberto Mezzanotte ha chiarito il concetto di non rilevanza radiologica, introdotto nella legislazioni italiana nel 2000. In particolare nel nostro ordinamento ogni nuovo attività nucleare può essere autorizzata solo se rispetta questo criterio per quello che riguarda il limite di dose rilasciato alla popolazione; criterio che rappresenta una salvaguardia invalicabile, in quanto non è stato finora abrogato da leggi entrate successivamente in vigore.
Mezzanotte ha svolto un’analisi critica della guida tecnica 29 dell’ISPRA mettendone in luce alcuni aspetti contraddittori, come quando non vengono indicate le distanze dai centri abitati, limitandosi alla generica espressione “a distanze adeguate”, mentre i criteri adottati sulla sismicità sono troppo stringenti e porterebbero all’esclusione immotivata di molte zone del Paese.

Nella discussione, aperta subito dopo le due relazioni, sono intervenuti Bardi, Bartolomei, Godio, Mattioli, Mezzanotte, Parisi, Scalia e Stigliani.

Si è messo a fuoco un primo punto, già evidenziato nella relazione di Bartolomei: con il referendum abrogativo l’opzione energetica nucleare è stata cancellata, mentre col D.lgs n. 45 del 2014 di recepimento della Direttiva 2011/70 Euratom si è invece lasciato sostanzialmente intatto il D.lgs del 2010 e il suo iter procedurale, conservando così l’imprinting di quegli anni anche nella struttura degli Enti preposti, in primis la Sogin, facendo rinascere con quest’ultimo l’Agenzia per la sicurezza nucleare, prevista nel 2009 nell’ambito del rilancio del nucleare allora progettato.
La Commissione ha pertanto espresso
i) l’impegno di intervenire sul piano istituzionale proponendo le necessarie modifiche normative e agendo di conseguenza per ottenerle.

Si è poi proseguito con una discussione panoramica sulle scorie radioattive italiane prodotte con il ritrattamento del combustibile in Francia e in Inghilterra e sui loro tempi e modalità di ritorno; sullo stato dell’arte della gestione dei vari tipi di scorie radioattive in siti di Paesi europei ed extra europei.  In particolare si è parlato del sito “geologico” profondo per il seppellimento delle scorie prodotte dai reattori nucleari, quelle ad alta attività o con lunghissimi tempi di dimezzamento. Il deposito per questo tipo di scorie in Svezia, che la società SKB intende costruire a 500 metri sottoterra vicino alla centrale di Forsmark e previsto operativo nel 2023, presenta alcune caratteristiche favorevoli: una bassa densità demografica nelle aree interessate e la natura granitica della rocce precambriane dello “Scudo Baltico”, stabile da centinaia di milioni di anni. Al di là di aspetti più generali o di argomentazioni che pure sono state sollevate, la Commissione, ha rilevato che caratteristiche di quel tipo non sono presenti in nessuna area italiana ed è stata concorde nella
ii) esclusione di un sito geologico profondo in Italia, come sede di un deposito per le scorie di III^ categoria (classificazione italiana).

Si è rilevato che nel dibattito sul deposito è emersa anche a livello istituzionale un’impostazione del tipo: un solo deposito superficiale nazionale, definitivo per le scorie di I^ e II^ categoria, temporaneo per la III^ categoria e per il combustibile residuo; dove con “temporaneo” si intende esplicitamente il periodo di tempo, da misurare in decadi, che servirà – anche quello della ricerca fondamentale – per trovare una soluzione tecnologica e logistica in grado di garantire il massimo livello di sicurezza.
A proposito di questa impostazione la Commissione ha ritenuto che
iii) non si possa in generale scaricare su altri Paesi il problema del deposito delle scorie prodotte dall’attività nucleare esercita in Italia;
e ribadito di
iv) fare della gestione delle scorie radioattive italiane oggetto di indagine e discussione approfondite, sia al suo interno che con altri organismi tecnico-scientifici, istituzionali, associativi e dei cittadini come stake holders.

La Commissione ha rilevato che la previsione normativa del “parco tecnologico” come “dotazione” del sito del deposito è frutto della scelta politica del “rilancio del nucleare”, inappropriata quindi al contesto determinato dal risultato referendario del 12 giugno 2011. Ed ha concordato che
 v) dovranno essere gli enti territoriali interessati a decidere se e quali infrastrutture vorranno associare al deposito.

E’ stato ricordato l’obbligo per tutto i Paesi UE di predisporre un programma nazionale sulla gestione dei rifiuti radioattivi con una prima scadenza fissata dal D.lgs 45/14 al 31 dicembre 2014. Il piano deve essere oggetto di una larga consultazione e la scadenza ultimativa per la trasmissione alla commissione UE è il 23 agosto del 2015. Sui contenuti del programma e su tutta la procedura la Commissione si impegna a
vi) Intervenire nel merito, favorendo al massimo la partecipazione dei cittadini e il confronto tecnico-scientifico.

La Commissione ha poi concordemente ribadito che per la procedura d’individuazione del sito del deposito deve assommare caratteristiche di democrazia delle decisioni e di qualità tecnico-scientifica:
vii) a) Sul piano sociale e politico: la trasparenza e completezza dell’informazione alle popolazioni interessate e delle decisioni, il coinvolgimento pieno nelle decisioni di tutte le istituzioni territoriali e locali, a partire da quelle elettive;
     b) Sul piano tecnico-scientifico: 1. ricerche e studi i più esaustivi, volti a completare il buon lavoro che era stato fatto per l’individuazione dei siti: Commissione Bicamerale d’Inchiesta Scalia (1999), Commissione Regioni-Governo Cenerini (2000), Libro bianco MAE (2001); 2. qualificazione tecnica del sito, come prevista dalle procedure di ogni segmento dell’attività nucleare.

La Commissione si è infine trovata d’accordo sul ritenere fondamentale
viii) il criterio di non rilevanza radiologica attualmente vigente nella legislazione italiana
e quindi nel sottolineare che
ix) anche il deposito dovrà essere progettato in maniera da rispettare questo criterio.

La riunione della Commissione si è conclusa alle 14. Fanno parte integrante della sintesi gli interventi scritti, allegati, di Gian Piero Godio e Pasquale Stigliani.

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Mattarella, la prima richiesta del M5S: “Non mandi un indagato al Nucleare”

Pubblicato dal Fatto Quotidiano.it

Tre senatori Cinque Stelle scrivono al Presidente della Repubblica. "Non firmi il decreto di nomina di Antonio Agostini". Da quattro mesi l'incarico governativo è in stallo, in attesa di notizie da Procura di Roma e Corte dei Conti. Il Capo dello Stato eredita dal predecessore la decisione da prendere con il rischio di sottoscrivere un nome compromesso dall'inchiesta penale sui fondi comunitari

“Signor Presidente, non firmi quella nomina”. Firmato, M5S. Nell’aria c’è l’incontro con il leader Grillo, ma la prima petizione a Sergio Mattarella firmata Cinque stelle riguarda la vicenda della nomina a presidente dell’Ispettorato nucleare del direttore generale del Ministero dell’Ambiente Antonio Agostini, avanzata a ottobre dal consiglio dei Ministri e rimasta in pentola dopo le rivelazioni del Fatto di un’inchiesta penale a suo carico per abuso d’ufficio e turbativa d’asta legata alla gestione dei fondi comunitari quando era direttore generale del Ministero Istruzione Università e ricerca (Miur).
A firmare l’appello sono i senatori Girotto, Castaldi e Petrocelli che avevano votato “no”, insieme ai colleghi di Sel, quando le commissioni di Camera e Senato diedero parere favorevole all’incarico. La notizia dell’indagine e le inchieste de Ilfattoquotidiano.it avevano indotto il ministro dell’Ambiente Galletti a valutare il passo indietro, anche su pressione degli ambientalisti del Pd che rilevavano la mancanza di competenze specifiche come richiesto dalla legge istituiva della nuova agenzia. Da allora la nomina è rimasta “congelata”, lasciando scoperta la casella di comando nel pieno travaso dalla vecchia Sogin alla nuova Isin. Nel frattempo, una serie di iniziative per sensibilizzare il governo a prendere una decisione sul caso, anche a costo di ammettere l’errore di valutazione.
A novembre altri avevano rivolto analoga richiesta a Giorgio Napolitano. Ma non c’era stato alcun seguito. “Non la firmi”, hanno chiesto gli storici ambientalisti Massimo Scalia e Gianni Mattioli, insieme al fisico Giorgio Parisi e a Vittorio Bardi, presidente dell’associazione “Sì alle energie rinnovabili No al nucleare”. Era anche partita una raccolta firme su Change.org all’insegna del “Presidente non firmi”. Ora il Presidente è cambiato e il discorso rivolto al Parlamento, ispirato ai temi della legalità e della difesa del patrimonio ambientale ha destato nuove speranze di ricevere almeno una risposta dal Quirinale, chiamato a ratificare il decreto di nomina qualora il Consiglio dei Ministri procedesse. Così la lettera (leggi la versione integrale) dei senatori grillini – al momento – risulta la prima iniziativa indirizzata al nuovo Capo dello Stato.
“L’Ispettorato e il suo Direttore – scrivono i parlamentari Cinque Stelle – dovranno sovrintendere a scelte che avranno importanti conseguenze sulle future generazioni, la messa in sicurezza dei lasciti nucleari, la localizzazione, la realizzazione e le attività del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi. Una infrastruttura che custodirà la pesante eredità della stagione nucleare italiana, che funzionerà almeno 300 anni (un periodo che copre 15 generazioni). Da qui, l’affondo: “La proposta di Agostini non risponde alle caratteristiche della legge, il suo cv non comprende le competenze che la legge individua”. E sui requisiti di onorabilità pesa ancora l’indagine sui fatti del Miur relativi al 2011: “In un rapporto degli ispettori della Ragioneria Generale dello Stato in merito al lavoro di direzione espletato al Ministero dell’Istruzione da Antonio Agostini, nel quale verrebbe espresso questo giudizio: “Inadeguato a gestire programmi così complessi (…),con profili di illegittimità suscettibili di determinare una configurazione di danno erariale e circostanze penalmente rilevanti”.
Antonio Agostini, raggiunto al telefono, si dice fiducioso in un rapido chiarimento degli addebiti e in una prossima convalida dell’incarico da parte del Consiglio dei Ministri. “Non ho ricevuto comunicazioni in proposito”. Se e quando avverrà, quello sarà un banco di prova per il nuovo Presidente, che potrebbe trovarsi a ratificare una nomina contestatissima dalle opposizioni ma difesa dalla maggioranza, su cui incombono le decisioni della Procura.

Craco: Il Comune ribadisce il "no" al deposito unico scorie radioattive

Pubblicato da www.sassiland.com
 
Assumendo pubblicamente l'impegno a non candidarsi la nostra amministrazione chiede di fare altrettanto ai sindaci llucani e a quelli delle altre regioni del Mezzogiorno
Craco Il Sud merita altri tipi di investimenti dopo il massacro dei rifiuti e dei cicli produttivi ad alto impatto sanitario e ambientale.
Insieme alle elevate criticità ambientali derivanti dal diffuso dissesto idrogeologico e rischio idraulico questa è la motivazione principale che ha portato la mia giunta comunale nella giornata di lunedì 26 a deliberare tale impegno.
Un atto di trasparenza nei confronti delle nostre comunità e un contributo a tenere alta l'attenzione su tale problematica.

Allego l'atto deliberativo adottato che è stato trasmesso a tutte le Anci Regionali del Mezzogiorno , al presidente della giunta regionale e al presidente del consiglio Matteo renzi.
Invito tutti i sindaci ad adottare tale provvedimento, diamo ai nostri cittadini questa garanzia e questo impegno

Ecco la delibera della giunta comunale:

"LA GIUNTA COMUNALE
Udita la relazione verbale del Sinclaco;
Visto il progetto della Sogin, definito in attuazione delle decisioni governative assunte in esecuzioni delle direuive comunitarie in  materia di deposito txco delle scorie radioattive;
Considerato che la guida tecnica dell'Ispra ha definito i criteri di scelta escludendo le aree a rischio idrogeologico e idraulico;
coniiaerato che il Comgne di Craco rappresenta l'emblema nazionale e regionale  delle frane in conseguenza dell'evento che ha portato all'abbandono del vecchio centro e al trasferimento di tutta la popolazione ed è interessato inoltre da continui fenomeni di dissesto nelle aree rurali che, ancorché non censiti nel database nazionale sulle frane dell'Ispra, caratterizzano l'intero territorio
comunale;
Considerato infine che il Comune di Craco, al pari degli altri comuni della Basilicata e delle regioni meridionali aspetta scelte di sviluppo fondate sulla valorizzazione dei beni cultr:rali, paesaggistici, del h'ismo, dè['agicoltura di qualita e di un sistema produttivo ecosostenibile e a basso impatto arnbientale e che tali politiche escludono che sia locadizzato nel Mezzogiorno tale deposito;
Atteso che la oor-uii.tnu richiamata prevede r:n  procedimento   pubblico con la presentazione di candidatrue fatte a cura degli enti locali;
Che per motivi su esposti è necessario   assumere impepr precisi e trasparenti con le comr:nità locali amministrate in modo preventivamente a non candidarsi ad ospitare il Deposito Nazionale ed è inolte necessario stimolare l'iniziativa di tutti gli enti locali Regionali e meridionali aftchè assumano decisioni analoghe;
Tutto ciò considerato Ia Giunta
DELIBERA
1.   Di impegnarsi a non candidare il tenitorio comrmale di Craco per ospitare il deposito Nazionale Unico delle Scorie Nucleari che la Sogrn deve realízzarc sul territorio nazionale;
2.   Di promuovere I'assunzione di decisioni analoghe da parte dei comuni della Regione Basilicata e aèUe Regioni del Mezzogiorno inviando alle regioni meridionali, alle Anci regionali del Sud e delle isole e al Presidente del Consiglio dei Ministri il presente atto deliberativo;
3.   Di chiedere che tutte le regioni del mezzog4orno adottino uno specifi.co atto deliberativo in tal senso;
4.   Di promuovere uno specifico incontro pubblico da tenersi con enti locali, esperti ed associazioni per promuovere tale iniziativa;
5.   bi rendere immediatamente eseguibile il presente atto deliberativo."