Scorie nucleari: l’incubo di Altamura e Matera diventa una petizione

Pubblicato da Meteo.it

L’incubo delle scorie nucleari è dietro l’angolo per i cittadini di Altamura e di Matera che potrebbero ritrovarsi sotto casa un deposito nazionale nuovo di zecca, con tutti i rischi annessi per l’ambiente e la salute delle persone. Le notizie a riguardo non sono ancora ufficiali e l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) renderà pubblica la mappa definitiva solo a fine luglio. Tuttavia, la popolazione ha deciso di non perdere tempo e di rendere subito chiara la sua posizione fermamente contraria con una petizione popolare aperta su firmiamo.it al link http://goo.gl/UGyIOI.
In pochissime ore sono state oltre 2.500 le adesioni per dire “No alle scorie nucleari tra Altamura e Matera”. La posizione dell’iniziativa si allinea inoltre a quelle già note di Regione Basilicata, della parlamentare democratica Lilliana Ventricelli, delle associazioni e dei movimenti politici che si dicono pronti anche a scendere in piazza. La dichiarazione più dura sulla questione è arrivata pochi giorni fa dal sindaco di Matera Raffaello De Ruggieri che senza mezzi termini ha sentenziato: “Non siamo la pattumiera d’Italia”.
LA PETIZIONE – Si legge nel testo: “Questa petizione ha il fine di evitare che la nostra terra venga ancora martoriata dopo le vicende legate allo smaltimento dei rifiuti. Abbiamo tante morti sospette e tanti casi di tumori ancora irrisolti: la gente non può subire anche quest’altra umiliazione!”. Per aderire gratuitamente alla raccolta firme, basta andare al link http://goo.gl/UGyIOI e cliccate su “firma”.

Nucleare. Carta deposito? Decine di migliaia di pagine 'blindate' 3mila elaborati cartografici, 12mila pagine testo, accordi riservatezza

Pubblicato da agenzia DIRE 
 
Si fa presto a dire 'carta', in realta' la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), che contiene le indicazioni per individuare le aree potenzialmente in grado di ospitare il deposito di superficie per le scorie
nucleari italiane, sarebbe un 'documento monstre' composto da migliaia di pagine.
Infatti, a quanto si apprende, si tratterebbe di 3mila elaborati cartografici e 12mila pagine di testo. Non solo: vista l'attesa e in qualche caso la tensione che  'e' attorno all'indicazione delle aree potenzialmente adatte ad ospitare il deposito, le misure di sicurezza per garantire la riservatezza sono severe. Ad esempio, sempre a quanto si apprende, i testi sono protetti da "una blindatura di tipo industriale", cioe' sono state messe in campo tutte le prassi di sicurezza che riguardano segreti industriali di valore. Chi dovesse infrangere le barriere della riservatezza rischierebbe quindi anche conseguenze sul piano penale. Oltretutto, vista sempre la necessaria riservatezza sui documenti, tutti coloro che hanno lavorato alla redazione della carta hanno dovuto firmare un 'non disclosure agreement', un Accordo di non divulgazione su informazioni confidenziali che le parti si impegnano a mantenere segrete pena la violazione dell'accordo stesso e il decorso di specifiche clausole penali. La pubblicazione della Carta e quella contestuale del Progetto Preliminare del deposito apriranno una fase di consultazione pubblica e di condivisione, che culminera' in un seminario nazionale, dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti ed interessati. Il deposito nazionale "e' un'infrastruttura ambientale di superficie dove mettere in totale sicurezza i rifiuti radioattivi- ricorda Sogin dal suo sito- la sua realizzazione consentira' di completare il decommissioning degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attivita' di medicina nucleare, industriali e di ricerca". Insieme al deposito sara' realizzato il Parco tecnologico: un centro di ricerca, aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attivita' nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato. Il Deposito - spiega Sogin dal suo sito- e' una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i piu' recenti standard Aiea (Agenzia internazionale energia atomica) che consentira' la sistemazione definitiva di circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attivita' e lo stoccaggio temporaneo di circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attivita'.Dei circa 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, il 60% derivera' dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40% dalle attivita' di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro. "Il trasferimento dei rifiuti radioattivi in un'unica struttura garantira' sia la totale sicurezza per i cittadini e l'ambiente sia il rispetto delle direttive europee- conclude Sogin- allineando l'Italia ai Paesi che da tempo hanno in esercizio sul loro territorio depositi analoghi".
(Dire)

Scanziamo le Scorie: no a deposito scorie nucleari in Basilicata

"Il territorio della Basilicata non è disponibile ad accettare nessuna tipologia di deposito di scorie nucleari. L’opera, che non si concilia con le caratteristiche ambientali e lo sviluppo del nostro territorio, determinerebbe la fine dell’economia agricola e turistica oggi unica vera fonte di ricchezza per la Basilicata". Lo afferma, in un comunicato stampa, il presidente dell'associazione Scanziamo le Scorie, Donato Nardiello.
"Inoltre si presenta in maniera oscura, priva di trasparenza, dato che ad oggi il Governo non chiarisce le reali intenzioni che si celano dietro il processo di realizzazione del deposito di scorie nucleari.
Ricordiamo il precedente: con il decreto Scanzano si affidava ad un Generale la realizzazione del deposito considerato come opera di difesa militare. Oggi il legislatore indica una definizione di deposito di scorie radioattive astratta in un contorno legislativo che richiede adempimenti senza i quali è complicato capire il contesto per procedere sui territori: definizione di un Programma nazionale con la partecipazione del pubblico per la gestione e messa in sicurezza delle scorie; la creazione dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare, con funzioni istruttorie connesse ai processi autorizzativi, le valutazioni tecniche, il controllo e la vigilanza delle attività nucleari;  l’adeguamento della classificazione dei rifiuti radioattivi alle normative internazionali. Oltre a questi adempimenti, si rendono necessari alcuni chiarimenti in particolare sull’applicazione dei criteri per l’individuazione delle aree idonee anche per i rifiuti ad alta attività, oggi ancora un problema irrisolto, e su come gestiremo il materiale radioattivo militare.
Senza tutto questo,  il deposito si mostra ancora una volta, come un affare gestito da pochi e pagato da tutti i cittadini con la bolletta elettrica, che potrebbe mettere a rischio la salute umana e l’economia del territorio. Corriamo il pericolo di realizzare l’ennesima opera pubblica inutile.
Se non verranno date risposte, se non si chiariranno gli aspetti indicati, la pubblicazione delle aree potenzialmente idonee che si terrà nei prossimi giorni non aprirà a nessun percorso di dialogo e trasparenza come propagandato dal Governo. I Comuni della Basilicata che saranno interessati non si autocandideranno ma saranno legittimati a sollevare barricate per evitare il nuovo attacco al territorio che pregiudicherebbe il suo futuro ad uno sviluppo distorto in contraddizione con la sua naturale vocazione economica agricola e turistica.
Invitiamo tutti i cittadini a tenere alta la guardia, a partecipare e ad essere pronti per un’eventuale altra Scanzano contro chi vorrà sporcare la nostra terra e per continuare a costruire sopra il nostro futuro".

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L’incubo radioattivo raddoppia i depositi delle scorie saranno 2

di Marisa Ingrosso dalla Gazzetta del Mezzogiorno

BARI - Non è vero che sul suolo italiano nascerà quello che è stato spacciato come il «deposito nazionale unico» delle scorie radioattive. La verità è che non è «unico». Ne sono previsti due. Uno, il deposito «geologico», servirà per le sostanze ad altissima radiotossicità e sarà scavato a grande profondità. L’altro, quello per veleni a bassa radiotossicità, non sarà sotterraneo ma in superficie e avrà accanto un «parco tecnologico». L’informazione è contenuta in un documento scovato dalla Gazzetta su radioactivewastemanagement.org, sito ufficiale della sesta «Summer School» internazionale dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (l’Ispra è il braccio operativo dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico).

Si tratta di un documento della Sogin (la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi), che spiega nel dettaglio qual è la strategia atomica italiana e come sarà costruito e gestito il mega-cimitero per le scorie meno pericolose. Lo firma il «papà» del deposito nazionale di superficie, Angelo Paratore. Il giovane ingegnere è infatti inquadrato in Sogin come «vicedirettore del deposito nazionale delle scorie radioattive. Sul sito sogin.it è spiegato che le sue responsabilità vanno dal progetto, alla realizzazione e messa in attività del cimitero nucleare di superficie.Il documento (in inglese) spiega che «circa 75.000 metri cubi di scorie a radioattività molto bassa e bassa saranno ospitate nel deposito nazionale». E il territorio che si beccherà questa infrastruttura godrà però anche di un «parco tecnologico dedicato ad attività di ricerca sullo smantellamento degli impianti nucleari e sulla gestione dei rifiuti radioattivi».

Dopodiché il documento chiarisce senza mezzi termini che «la sistemazione finale per i circa 15.000 metri cubi di scorie nucleari a radioattività intermedia ed elevata, per i 1.000 metri cubi di carburante esaurito (cioè l’“uranio impoverito”; ma anche il materiale usato per le sperimentazioni atomiche come le barre di Elk River conservate nell’Itrec, in Basilicata; ndr) e per le scorie riprocessate è una sistemazione “geologica”». «In attesa che il deposito geologico sia disponibile - continua il documento - le scorie nucleari a radioattività intermedia ed elevata saranno temporaneamente stoccate in un deposito provvisorio da realizzare nello stesso luogo del deposito nazionale» di superficie. Altro che «unico»: temporaneamente ci saranno due depositi uno nell’altro e successivamente ce ne saranno due in luoghi diversi. In Italia o no, è tutto da verificare. Sogin, nel suo sito futurosicuro.info, dice che «potrà essere localizzato in un altro Paese europeo sulla base di accordi internazionali».

E intanto che si fa? Si rischia? Secondo l’Agenzia per l’energia nucleare dell’Ocse il deposito «geologico» è la soluzione prediletta dalla comunità scientifica internazionale giacché offre margini di garanzia elevati per lo stoccaggio dei super-veleni. In altre parole, la scelta di fare due depositi uno nell’altro in un impianto di superficie non va bene, non è il top della sicurezza per sostanze altamente irraggianti che hanno bisogno di circa 10.000 anni per abbassare il loro livello di radioattività. Per l’Agenzia i siti migliori per il deposito «geologico» sono: giacimenti di salgemma, argilla, granito, ignimbrite, basalto.

Quanto ai veleni a bassa e media radiotossicità, il documento Sogin spiega che dovrà essere sorvegliato a vista per almeno trecento anni, poi «barriere multiple in serie» lo proteggeranno dalle intrusioni. Sarà un manufatto in muratura rinforzata e conterrà i «loculi» perenni in cui verranno stoccati i rifiuti. L’edificio in seguito sarà camuffato da collina: sarà ricoperto da un guscio in calcestruzzo e da strati di terreno. Al suo interno i rifiuti si presenteranno compattati e inseriti in contenitori metallici zeppi di «malta cementizia d’inglobamento». Questi fusti tossici saranno poi stipati in celle di 3 metri per due e questi «loculi» saranno impilati e chiusi in container blindati grandi 27 metri per 15,5. La fase di stoccaggio durerà 40 anni, cui seguiranno altri 300 anni di «controllo istituzionale».

Per evitare che eventuali perdite di radionuclidi passino inosservate, tutta la zona sarà monitorata. Circa il luogo in cui sorgerà il deposito di superficie, il documento tace: soltanto a metà giugno prossimo i ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente consentiranno a Sogin di render pubblico il suo elenco di territori papabili. In compenso, il documento spiega quali sono i criteri di esclusione. Tra gli altri, il deposito non potrà sorgere: in aree vulcaniche; in aree ad alta sismicità; dove ci sono rischi geomorfologici e idraulici o dove si trovano depositi alluvionali olocenici (per esempio Campo Imperatore, Massiccio del Gran Sasso); a quote superiori ai 700 metri sul livello del mare; su terreni con pendenza superiore al 10%; entro 5 km dalle coste e al di sotto dei 20 metri sul livello del mare; nei parchi naturalistici; a meno di 1 km da austostrade, strade principali e ferrovie.