Consegnata a Ispra la mappa con i siti potenzialmente idonei. Ma sono un
centinaio. La vera scelta avverrà a partire da aprile, quando la carta
verrà resa pubblica.
Di antonio Cianciullo da Repubblica.it
ROMA - È partito oggi il
conto alla rovescia per la messa in sicurezza delle scorie radioattive
prodotte dalla breve stagione del nucleare italiano. La Sogin, la società pubblica incaricata del decommissioning,
ha consegnato all'Ispra l'elenco dei siti potenzialmente idonei per la
realizzazione del deposito nazionale. L'Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale avrà due mesi di tempo per verificare
la correttezza dell'analisi, poi passerà i nomi al governo che si
prenderà un altro mese per i controlli. Ad aprile la carta sarà resa
pubblica.
Ma cosa c'è in quella mappa? Dalla cartina dell'Italia
sono state tolte lagune, zone protette, miniere, dighe, poligoni di tiro
e tutte le aree con una delle seguenti caratteristiche: sismiche;
soggette a frane o ad alluvioni; sopra i 700 metri di quota, sotto i 20
metri di quota; a meno di 5 chilometri dal mare; a meno di un chilometro
da ferrovie o strade di grande importanza; vicino alle aree urbane;
accanto ai fiumi.
Eliminate le aree da escludere, nella mappa
restano evidenziati un centinaio di siti potenzialmente idonei sparsi in
una dozzina di regioni. In uno di questi luoghi si dovrà lasciare un
chilometro quadrato libero per realizzare il progetto che si compone di
due parti. La prima è il deposito nazionale di superficie in cui i
barili con le sostanze contaminate verranno avvolti da tre diverse
protezioni in calcestruzzo e cemento e poi messi in celle sigillate e
ricoperte con più strati di materiale impermeabile. La seconda è il
parco tecnologico: un centro di ricerca specializzato nel campo del
decommissioning.
Parliamo di un investimento da un miliardo e
mezzo di euro che, con quattro anni di lavoro, dovrà servire a mettere
in sicurezza 90 mila metri cubi di materiali radioattivi: il 60% verrà
dallo smantellamento delle centrali nucleari, il 40% da attività
diagnostiche e terapeutiche di medicina nucleare, da laboratori di
ricerca e da alcuni settori industriali (questi rifiuti crescono di 500
metri cubi all'anno).
Sulla necessità di dare protezione a
materiali pericolosi sotto vari profili (da quello sanitario a quello
della security) concordano tutti. E, nell'audizione alla Camera del 30
ottobre 2013 i dirigenti Ispra sono stati molto chiari parlando di
rifiuti radioattivi che "continuano ad essere immagazzinati senza un
adeguato processo di condizionamento presso strutture non idonee, in
particolare dal punto di vista della localizzazione, a una gestione di
lungo termine. Va evidenziato che in tale contesto sono emerse negli
anni alcune situazioni di particolare criticità".
Inoltre, avendo
una quantità di rifiuti nucleari abbastanza ridotta, possiamo evitare
l'incognita del cimitero per le scorie ad alta radioattività: un
problema a tutt'oggi irrisolto (si tratta di garantire la sicurezza per
un tempo molto maggiore di quello che ci separa dall'avvento
dell'agricoltura). In Italia il deposito sarà limitato alle scorie a
media e bassa attività: il luogo potrà essere recuperato nell'arco di
300 anni.
Tuttavia la vera incognita resta l'affidabilità della
gestione. E il governo non è partito con il piede giusto. Il senatore a 5
stelle Gianni Girotto, ha definito la decisione di nominare Antonio
Agostini a capo dell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e
la radioprotezione, "un atto da vecchia politica: si è scelto un
personaggio che non ha le competenze richieste dalla legge".
Tra
quattro mesi si entrerà nel vivo della questione. Senza garanzia di
trasparenza nei criteri di scelta del sito e un dialogo reale con le
popolazioni coinvolte si rischia di bloccare il processo. Lasciando
irrisolto un problema di sicurezza che richiede una soluzione rapida.
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