Di Vincenzo Mulè dal Fatto quotidiano.it
Sotto accusa la Sogin, la società che cura lo smantellamento degli
impianti. Per l'allungamento dei tempi e l'aumento dei costi
dell'operazione. Ma anche il caos che ha impedito il decollo
delI'Ispettorato per la sicurezza nucleare e la radioprotezione che
dovrebbe vigilare sulla realizzazione del deposito nazionale delle
scorie. Ecco il documento dell'organismo parlamentare che indaga sul
ciclo dei rifiuti.
Il suo mandato è di
gestire l’uscita definitiva dal nucleare da parte dell’Italia. Al momento, però,
Sogin, la Società gestione impianti nucleari,
si segnala più per le divisioni interne che per le attività importanti
che la attendono. Da qui il pesante ammonimento. «La Sogin mostri una
maggiore compattezza e migliori le
capacità complessive di gestione dei progetti dei quali è responsabile, anche in vista di quello, non semplice, della realizzazione del
deposito nazionale, appena avviato». L’allarme arriva dalla
commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, presieduta da
Alessandro Bratti,
che ieri ha ultimato la prima relazione sulla gestione dei rifiuti
radioattivi. Il documento – i cui relatori sono i deputati Dorina
Bianchi e Stefano Vignaroli – verrà presentato in Parlamento dopo la
pausa estiva ma ilfattoquotidiano.it ha potuto prenderne visione.
La fotografia del nucleare in Italia scattata dalla Commissione
parlamentare d’inchiesta non è di quelle che lasciano tranquilli. Nel
testo, infatti, si
critica anche la gestione dell’autorità di regolamentazione
e controllo ritenendo «non più procrastinabile la chiusura del
transitorio aperto nel 2009». Da sei anni, infatti, le funzione di
garante vengono svolte, in via transitoria,
dall’Ispra
che ad oggi conta solo su 35 tecnici, in buona parte con un’età già al
di sopra dei cinquantacinque anni. I provvedimenti legislativi che si
sono succeduti dal 2009 hanno sì tutti confermato l’attribuzione di
funzioni regolatorie e di controllo, ma sempre e solo a titolo
provvisorio.
Secondo la Commissione, questi provvedimenti «hanno inevitabilmente
finito col delegittimare, nella sostanza, l’Ispra rispetto a quelle
funzioni, tanto che taluni ritengono
inopportuno, se non improprio, che il
procedimento per la localizzazione del deposito nazionale prosegua quando le funzioni
regolatorie sono ancora svolte da un
supplente». Dovranno djnque essere garantite in modo certo al
nuovo soggetto l’indipendenza e l’autorevolezza
che lo svolgimento delle sue funzioni richiede, anche, se necessario,
attraverso la riconsiderazione degli atti di competenza governativa già
compiuti».
Indipendenza e autorevolezza che il nuovo soggetto deputato,
l’Isin, non ha assicurato fino ad ora. L’Ispettorato per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, istituito dal D.lgs. 45/2014, è «
tuttora inesistente per la mancata nomina dei suoi organi». La designazione per l’incarico di
direttore,
fatta nel novembre 2014, non è mai stata perfezionata sia «per le forti
riserve che la designazione aveva da più parti suscitato riguardo alla
rispondenza della persona indicata ai requisiti» sia per le
vicende giudiziarie che hanno coinvolto Antonio Agostini, il dirigente del ministero dell’Ambiente individuato dal governo Renzi per ricoprire il ruolo.
Sulla valutazione del lavoro di Sogin pesa soprattutto il
ritardo nei lavori, che ha portato la società di Stato a un
taglio delle attività previste per il piano quadriennale in corso: per il solo 2015 la
riduzione è stata del
42 per cento. Secondo la Commissione industria del Senato la riprogrammazione porterà un
ulteriore ritardo di 14 mesi sul completamento del decommissioning in ciascun sito ed un conseguente
aumento di spesa di 150 milioni di euro.
Già gli interventi degli scorsi anni avevano portato a slittamenti
dell’iniziale termine previsto per le attività di smantellamento tra due
e nove anni.
Una revisione delle attività sulla quale, nelle aule delle commissioni parlamentari, si è registrata una
rottura tra Riccardo Casale, amministratore delegato di
Sogin e
Giuseppe Zollino,
presidente della stessa Sogin con quest’ultimo che ha accollato all’ad
le responsabilità maggiori. Una situazione paradossale, che non poteva
non essere sottolineata dalla Commissione con il suo richiamo ad una
“maggiore compattezza” in vista della realizzazione di quel deposito
nazionale delle scorie del quale non si riesce ancora ad individuare il
sito adatto.