Pubblicato da www.rinnovabili.it
L’industria nucleare svedese dovrà pagare 0,04 corone per chilowattora negli anni 2015-2017, rispetto alle 0,022 corone di oggi.
La storia del nucleare svedese
ha affrontato alti e bassi. Nonostante il paese si sia impegnato
formalmente a incrementare la quota rinnovabile nel suo mix energetico
al 50% entro la fine di questo decennio, l’energia dell’atomo non sembra
un‘opzione a cui Stoccolma intenda rinunciare facilmente Secondo il
risultato del referendum del lontano 1980, tutte le centrali nucleari svedesi avrebbero dovuto essere chiuse entro il 2010,
ma ad oggi la situazione è pressoché rimasta inalterata e solo due
impianti sono stati dismessi. In questo contesto di quasi assoluto
immobilismo le scorie radioattive costituiscono un problema non da poco,
soprattutto visto i lati deboli mostrati dal nuovo piano rifiuti della
Nazione. Ecco perché il governo svedese ha deciso di raddoppiare le tasse a carico degli operatori delle centrali e canalizzare i proventi nel fondo scorie nucleari, al fine di supportare l’aumento dei costi di smantellamento.
Avevamo riportato la notizia, quando era ancora un’ipotesi, all’inizio di ottobre,
data in cui il partito ambientalista aveva avanzato la proposta. Forti
del nuovo consenso ottenuti i Verdi svedesi sono infatti pronti – nuove
elezioni permettendo – a rilanciare un forte programma di
decommissionig, fatto norme di sicurezza più stringenti e fiscalità più
incisiva. Cosa significherebbe tutto ciò nella pratica? Che l’industria
“atomica” svedese dovrà pagare 0,04 corone (0,42 euro) per chilowattora negli anni 2015-2017, rispetto alle 0,022 corone di oggi. “L’energia
nucleare deve poter sostenere le proprie spese e la decisione del
governo di aumentare la quota sui rifiuti nucleari lo renderà possibile”, ha spiegato il ministro svedese dell’ambiente e dei cambiamenti climatici, Asa Romson.
Ricordiamo che ad oggi sul territorio l’energia nucleare è tassata,
sulla base della capacità di produzione del reattore, con circa 1200
euro per MW della potenza autorizzata mensilmente. L’industria ha
prontamente fatto sapere che una combinazione di aumento delle tasse e
dei costi aggiuntivi per le nuove misure di sicurezza potrebbe portare
alla precoce chiusura di vecchi impianti, e quindi a prezzi energetici
potenzialmente più elevati.
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