Pubblicato da www.qualenergia.it
La Gran Bretagna sembra disposta a tutto per avere una nuova centrale nucleare: non solo ad incentivarla ben più generosamente delle rinnovabili, ma anche ad intraprendere una guerra – seppure solo diplomatica – con un altro Stato membro UE come l'Austria. La notizia arriva da uno scambio epistolare tra Vienna e Londra, per il tramite dell'Ambasciata austriaca nella capitale inglese e rivelato dal Guardian, dal quale emergono pesanti minacce dal Governo britannico alla nazione centro-europea, affinché questa ritiri la sua azione legale contro il superincentivo all'atomo britannico.
La Gran Bretagna sembra veramente
La Gran Bretagna sembra disposta a tutto per avere una nuova centrale nucleare: non solo ad incentivarla ben più generosamente delle rinnovabili, ma anche ad intraprendere una guerra – seppure solo diplomatica – con un altro Stato membro UE come l'Austria. La notizia arriva da uno scambio epistolare tra Vienna e Londra, per il tramite dell'Ambasciata austriaca nella capitale inglese e rivelato dal Guardian, dal quale emergono pesanti minacce dal Governo britannico alla nazione centro-europea, affinché questa ritiri la sua azione legale contro il superincentivo all'atomo britannico.
La Gran Bretagna sembra veramente
Come abbiamo riportato di recente, l'Austria ha annunciato che farà ricorso contro la decisione della Commissione europea che a ottobre aveva dato l'OK alla 'stampella pubblica' di
Londra per la nuova centrale da 3,3 GW di Hinkley Point, che nei
programmi al 2023 dovrebbe fornire il 7% del fabbisogno elettrico del
Paese.
La Commissione aveva ritenuto conforme alle nuove regole comunitarie sugli aiuti di Stato i sussidi decisi dal Governo britannico: una garanzia per 35 anni che l'energia prodotta dall'impianto sia pagata circa il doppio dell'attuale valore di mercato, e con la differenza coperta con i soldi dei consumatori. La nuova centrale, infatti, godrebbe per 35 anni di uno “strike price”
di 92,5 sterline (117 euro) per ogni MWh generato che in valore
nominale al 2058, anno in cui scadrà l'incentivazione, diverranno 279 £
per MWh.
Se portata avanti l'azione
legale austriaca congelerà tutto per almeno due anni, più probabilmente
per tre o quattro. Ma sembrano esserci discrete possibilità che il
ricorso austriaco venga accolto e, dunque, l'incentivo annullato. Se ciò
avvenisse sarebbe la pietra tombale per il nuovo nucleare britannico e probabilmente per ogni nuovo impianto nell'UE.
Chiaro
come a Londra la questione stia a cuore, tanto da arrivare a minacciare
Vienna di rappresaglie qualora proseguisse nell'azione legale. Se
ufficialmente il Department for Energy and Climate Change (DECC) afferma
di non temere l'azione legale austriaca, perché “priva di fondamento
legale”, a leggere le intimidazioni appena svelate, al contrario, la preoccupazione britannica deve essere particolarmente seria.
Stando
a quanto riporta il Guardian, il messaggio trasmesso a Vienna da Vijay
Rangarajan, responsabile per l'Europa dell'ufficio Affari stranieri del
Governo britannico, è che se il Paese proseguirà con il ricorso “il
Regno Unito coglierà in futuro ogni opportunità per ricorrere contro o danneggiare l'Austria in aree che hanno pesanti impatti sulla politica interna”.
Tra le ritorsioni annunciate:
un ricorso alla Corte europea contro le regole austriache sulla
certificazione dell'elettricità; pressioni affinché Vienna contribuisca
in maniera maggiore agli sforzi economici dell'UE, oltre ad un'indagine
per verificare se il ricorso austriaco contro l'incentivo atomico
britannico non violi il trattato Euratom. “Altri passi ed escalation non
possono essere esclusi dopo che il ricorso sarà presentato”, aggiunge
il dispaccio, datato 29 gennaio.
Pronta la reazione dell'Austria
che pubblicamente ha dichiarato che non terrà conto delle minacce
britanniche: “Non ci faremo intimidire. Niente sussidi al nucleare”,
twittava mercoledì il ministro dell'Ambiente Andrä Rupprechter.
Come
spiega al Guardian, Stefan Pehringer, consulente di politica estera
della Cancelleria austriaca, Vienna ha fatto ricorso contro l'aiuto
britannico “perché non considera il nucleare una tecnologia sostenibile
né in termini ambientali né economici”. Aggiunge il direttore del
ministero dell'Ambiente austriaco, Andreas Molin: “Se si accetta
l'argomento che Hinkely Point sia un 'fallimento di mercato' (come
scritto nella decisione della Commissione sull'OK agli aiuti, ndr), la
cosa si potrebbe applicare a tutte le altre tecnologie
per la produzione elettrica, probabilmente anche alle altre forme di
conversione dell'energia e forse anche al di fuori del settore
energetico. Pensiamo che la cosa riguardi ogni singolo mercato”.
Se,
come sembra intenzionata a fare, l'Austria proseguirà con il ricorso,
la battaglia legale richiederà come minimo due anni solo per il primo
grado di giudizio e, considerando anche gli appelli, gli avvocati
stimano che ruberà tre o quattro anni, mentre le possibilità che il ricorso venga accolto sono concrete
dato che è difficile dimostrare l'interesse comune dell'Unione nella
costruzione di un reattore atomico nel Regno Unito. Se ciò accadesse
sarebbe il colpo di grazie per i nuovi progetti atomici in Gran Bretagna
e in tutta l'Europa in generale.
Di recente anche il viceministro dello Sviluppo economico italiano, Claudio De Vincenti, rispondendo ad un'interrogazione parlamentare è intervenuto sul tema degli aiuti britannici all'atomo, senza però sbilanciarsi : “In
linea generale, è ragionevole che un investimento con tempi di
realizzazione e ritorno così ampi (una centrale nucleare, così come
potrebbero essere importanti infrastrutture di trasporto dell'energia)
non possa essere realizzato al di fuori di uno schema di garanzie di
tipo pubblico, vista l'aleatorietà dei prezzi dell'energia nel lungo
termine", ha spiegato l'uomo del MiSE .
"Questo approccio, seguito oggi nel caso della centrale britannica, potrebbe essere applicato anche ad altri casi di investimenti non sostenibili in una pura ottica di mercato. Sul piano politico, invece,
la decisione della Commissione UE si presta ad essere vista come una
significativa modifica della strada assunta fino a qualche anno fa, in
cui si escludeva la possibilità di aiuti di Stato sulla produzione di
energia, se non alle energie rinnovabili in senso stretto. Da questo
punto di vista, si rimarca come la posizione della Commissione sia di non interferenza con le scelte nazionali di mix energetico, da cui certamente il nucleare non è bandito e, come ad oggi, solo l'Austria abbia reagito politicamente in modo negativo.”
blicato da www.qualenergia.it
La Gran Bretagna sembra veramente disposta a tutto
per avere una nuova centrale nucleare: non solo ad incentivarla ben più
generosamente delle rinnovabili, ma anche ad intraprendere una guerra –
seppure solo diplomatica – con un altro Stato membro UE come l'Austria.
La notizia arriva da uno scambio epistolare tra Vienna e Londra, per il
tramite dell'Ambasciata austriaca nella capitale inglese e rivelato dal
Guardian, dal quale emergono pesanti minacce dal
Governo britannico alla nazione centro-europea, affinché questa ritiri
la sua azione legale contro il superincentivo all'atomo britannico.
Come abbiamo riportato di recente, l'Austria ha annunciato che farà ricorso contro la decisione della Commissione europea che a ottobre aveva dato l'OK alla 'stampella pubblica' di
Londra per la nuova centrale da 3,3 GW di Hinkley Point, che nei
programmi al 2023 dovrebbe fornire il 7% del fabbisogno elettrico del
Paese.
La Commissione aveva ritenuto conforme alle nuove regole comunitarie sugli aiuti di Stato i sussidi decisi dal Governo britannico: una garanzia per 35 anni che l'energia prodotta dall'impianto sia pagata circa il doppio dell'attuale valore di mercato, e con la differenza coperta con i soldi dei consumatori. La nuova centrale, infatti, godrebbe per 35 anni di uno “strike price”
di 92,5 sterline (117 euro) per ogni MWh generato che in valore
nominale al 2058, anno in cui scadrà l'incentivazione, diverranno 279 £
per MWh.
Se portata avanti l'azione
legale austriaca congelerà tutto per almeno due anni, più probabilmente
per tre o quattro. Ma sembrano esserci discrete possibilità che il
ricorso austriaco venga accolto e, dunque, l'incentivo annullato. Se ciò
avvenisse sarebbe la pietra tombale per il nuovo nucleare britannico e probabilmente per ogni nuovo impianto nell'UE.
Chiaro
come a Londra la questione stia a cuore, tanto da arrivare a minacciare
Vienna di rappresaglie qualora proseguisse nell'azione legale. Se
ufficialmente il Department for Energy and Climate Change (DECC) afferma
di non temere l'azione legale austriaca, perché “priva di fondamento
legale”, a leggere le intimidazioni appena svelate, al contrario, la preoccupazione britannica deve essere particolarmente seria.
Stando
a quanto riporta il Guardian, il messaggio trasmesso a Vienna da Vijay
Rangarajan, responsabile per l'Europa dell'ufficio Affari stranieri del
Governo britannico, è che se il Paese proseguirà con il ricorso “il
Regno Unito coglierà in futuro ogni opportunità per ricorrere contro o danneggiare l'Austria in aree che hanno pesanti impatti sulla politica interna”.
Tra le ritorsioni annunciate:
un ricorso alla Corte europea contro le regole austriache sulla
certificazione dell'elettricità; pressioni affinché Vienna contribuisca
in maniera maggiore agli sforzi economici dell'UE, oltre ad un'indagine
per verificare se il ricorso austriaco contro l'incentivo atomico
britannico non violi il trattato Euratom. “Altri passi ed escalation non
possono essere esclusi dopo che il ricorso sarà presentato”, aggiunge
il dispaccio, datato 29 gennaio.
Pronta la reazione dell'Austria
che pubblicamente ha dichiarato che non terrà conto delle minacce
britanniche: “Non ci faremo intimidire. Niente sussidi al nucleare”,
twittava mercoledì il ministro dell'Ambiente Andrä Rupprechter.
Come
spiega al Guardian, Stefan Pehringer, consulente di politica estera
della Cancelleria austriaca, Vienna ha fatto ricorso contro l'aiuto
britannico “perché non considera il nucleare una tecnologia sostenibile
né in termini ambientali né economici”. Aggiunge il direttore del
ministero dell'Ambiente austriaco, Andreas Molin: “Se si accetta
l'argomento che Hinkely Point sia un 'fallimento di mercato' (come
scritto nella decisione della Commissione sull'OK agli aiuti, ndr), la
cosa si potrebbe applicare a tutte le altre tecnologie
per la produzione elettrica, probabilmente anche alle altre forme di
conversione dell'energia e forse anche al di fuori del settore
energetico. Pensiamo che la cosa riguardi ogni singolo mercato”.
Se,
come sembra intenzionata a fare, l'Austria proseguirà con il ricorso,
la battaglia legale richiederà come minimo due anni solo per il primo
grado di giudizio e, considerando anche gli appelli, gli avvocati
stimano che ruberà tre o quattro anni, mentre le possibilità che il ricorso venga accolto sono concrete
dato che è difficile dimostrare l'interesse comune dell'Unione nella
costruzione di un reattore atomico nel Regno Unito. Se ciò accadesse
sarebbe il colpo di grazie per i nuovi progetti atomici in Gran Bretagna
e in tutta l'Europa in generale.
Di recente anche il viceministro dello Sviluppo economico italiano, Claudio De Vincenti, rispondendo ad un'interrogazione parlamentare è intervenuto sul tema degli aiuti britannici all'atomo, senza però sbilanciarsi : “In
linea generale, è ragionevole che un investimento con tempi di
realizzazione e ritorno così ampi (una centrale nucleare, così come
potrebbero essere importanti infrastrutture di trasporto dell'energia)
non possa essere realizzato al di fuori di uno schema di garanzie di
tipo pubblico, vista l'aleatorietà dei prezzi dell'energia nel lungo
termine", ha spiegato l'uomo del MiSE .
"Questo approccio, seguito oggi nel caso della centrale britannica, potrebbe essere applicato anche ad altri casi di investimenti non sostenibili in una pura ottica di mercato. Sul piano politico, invece,
la decisione della Commissione UE si presta ad essere vista come una
significativa modifica della strada assunta fino a qualche anno fa, in
cui si escludeva la possibilità di aiuti di Stato sulla produzione di
energia, se non alle energie rinnovabili in senso stretto. Da questo
punto di vista, si rimarca come la posizione della Commissione sia di non interferenza con le scelte nazionali di mix energetico, da cui certamente il nucleare non è bandito e, come ad oggi, solo l'Austria abbia reagito politicamente in modo negativo.”
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